La Repubblica 25.10.08
"Il malato cosciente può dire no alle cure”
Il Comitato di bioetica dà ragione a Welby. Silenzio sul caso Eluana
Documento votato con l´astensione di 3 membri che temono via libera all´eutanasia
di Caterina Pasolini
ROMA - Welby è morto a dicembre, dopo aver lottato tra ricorsi e sentenze per vedere riconosciuto il suo diritto a smettere di curarsi, a staccare il respiratore che lo teneva in vita. Ora anche il Comitato nazionale di bioetica gli dà ragione.
In un documento appena approvato scrive infatti che il malato cosciente e informato può dire no alle cure e rinunciare a tutte le terapie, anche quelle salvavita. E che se il medico può rifiutarsi per motivi etici o professionali di eseguire il suo volere, il paziente ha in ogni caso diritto a vedere realizzato il suo desiderio altrove e deve essere sempre seguito e assistito sino alla fine con cure palliative. «Ha insomma diritto a dire no alla sovranità delle macchine sul proprio corpo».
Il testo della relazione dei professori Canestrari, d´Avack e Palazzani, frutto di 30 mesi di lavoro e 15 elaborate stesure, è stato votato quasi all´unanimità, tre le astensioni di chi teme rappresenti un passo verso l´eutanasia. Non fa riferimento al caso di Eluana Englaro, dal momento che il diritto a �dire no´ riguarda solo soggetti «consapevoli e coscienti», ma è sicuramente un passo avanti per il rispetto dei diritti del malato, visto che unisce «laici e cattolici anche nella condanna dell´accanimento terapeutico e impegna i medici ad assistere sino alla fine i pazienti raccomandandosi di evitare l´abbandono dei malati terminali», sottolinea il professor d´Avack.
Uniti sul diritto a dire no alle cure, i membri del Cnb sono divisi sulle valutazioni etiche della scelta. Se infatti i laici sono per la totale autodeterminazione giustificata moralmente e giuridicamente, quelli di formazione cattolica pensano che il malato, pur avendo diritto a rinunciare alle cure, ha l´obbligo morale di vivere avendo una responsabilità verso sé e la società. E considerano inammissibile la richiesta di un malato dipendente che ha bisogno del medico per rinunciare alle cure. Un chiaro riferimento al caso di Piergiorgio Welby che, completamente paralizzato, da solo non avrebbe potuto staccare il respiratore che gli avevano messo contro la sua volontà. Il rifiuto delle terapie, dice il professor Stefano Canestrari, deve essere comunque «l´ipotesi estrema» e il medico «deve tentare di convincere il paziente a curarsi, ma se questi, consapevole, rifiuta, ha diritto a dire no alla sovranità delle macchine sul proprio corpo».
Ecco i punti fondamentali del documento. Il malato può chiedere di non iniziare o di sospendere trattamenti sanitari salva-vita, ma condizione che sia «cosciente e capace di intendere e volere, informato sulle terapie, in grado di manifestare in modo attuale la propria volontà». Se la rinuncia alle cure richiede «un comportamento attivo da parte del medico è riconosciuto il diritto a quest´ultimo di astensione da comportamenti ritenuti contrari alle proprie concezioni etiche e professionali». Si accetta dunque il principio dell´obiezione di coscienza da parte del medico, anche se «il paziente ha in ogni caso il diritto ad ottenere altrimenti la realizzazione della propria richiesta all´interruzione delle cure».
Anche i tre astenuti concordano con i principi di base del documento ma ne denunciano anche alcune «lacune». Secondo il bioeticista Francesco D´Agostino, ad esempio, il documento è «elusivo» su un possibile nesso tra eutanasia e stop alle cure che alcuni potrebbero ipotizzare: «Alcuni potrebbero leggervi un passo verso la legalizzazione dell´eutanasia passiva».
"Il malato cosciente può dire no alle cure”
Il Comitato di bioetica dà ragione a Welby. Silenzio sul caso Eluana
Documento votato con l´astensione di 3 membri che temono via libera all´eutanasia
di Caterina Pasolini
ROMA - Welby è morto a dicembre, dopo aver lottato tra ricorsi e sentenze per vedere riconosciuto il suo diritto a smettere di curarsi, a staccare il respiratore che lo teneva in vita. Ora anche il Comitato nazionale di bioetica gli dà ragione.
In un documento appena approvato scrive infatti che il malato cosciente e informato può dire no alle cure e rinunciare a tutte le terapie, anche quelle salvavita. E che se il medico può rifiutarsi per motivi etici o professionali di eseguire il suo volere, il paziente ha in ogni caso diritto a vedere realizzato il suo desiderio altrove e deve essere sempre seguito e assistito sino alla fine con cure palliative. «Ha insomma diritto a dire no alla sovranità delle macchine sul proprio corpo».
Il testo della relazione dei professori Canestrari, d´Avack e Palazzani, frutto di 30 mesi di lavoro e 15 elaborate stesure, è stato votato quasi all´unanimità, tre le astensioni di chi teme rappresenti un passo verso l´eutanasia. Non fa riferimento al caso di Eluana Englaro, dal momento che il diritto a �dire no´ riguarda solo soggetti «consapevoli e coscienti», ma è sicuramente un passo avanti per il rispetto dei diritti del malato, visto che unisce «laici e cattolici anche nella condanna dell´accanimento terapeutico e impegna i medici ad assistere sino alla fine i pazienti raccomandandosi di evitare l´abbandono dei malati terminali», sottolinea il professor d´Avack.
Uniti sul diritto a dire no alle cure, i membri del Cnb sono divisi sulle valutazioni etiche della scelta. Se infatti i laici sono per la totale autodeterminazione giustificata moralmente e giuridicamente, quelli di formazione cattolica pensano che il malato, pur avendo diritto a rinunciare alle cure, ha l´obbligo morale di vivere avendo una responsabilità verso sé e la società. E considerano inammissibile la richiesta di un malato dipendente che ha bisogno del medico per rinunciare alle cure. Un chiaro riferimento al caso di Piergiorgio Welby che, completamente paralizzato, da solo non avrebbe potuto staccare il respiratore che gli avevano messo contro la sua volontà. Il rifiuto delle terapie, dice il professor Stefano Canestrari, deve essere comunque «l´ipotesi estrema» e il medico «deve tentare di convincere il paziente a curarsi, ma se questi, consapevole, rifiuta, ha diritto a dire no alla sovranità delle macchine sul proprio corpo».
Ecco i punti fondamentali del documento. Il malato può chiedere di non iniziare o di sospendere trattamenti sanitari salva-vita, ma condizione che sia «cosciente e capace di intendere e volere, informato sulle terapie, in grado di manifestare in modo attuale la propria volontà». Se la rinuncia alle cure richiede «un comportamento attivo da parte del medico è riconosciuto il diritto a quest´ultimo di astensione da comportamenti ritenuti contrari alle proprie concezioni etiche e professionali». Si accetta dunque il principio dell´obiezione di coscienza da parte del medico, anche se «il paziente ha in ogni caso il diritto ad ottenere altrimenti la realizzazione della propria richiesta all´interruzione delle cure».
Anche i tre astenuti concordano con i principi di base del documento ma ne denunciano anche alcune «lacune». Secondo il bioeticista Francesco D´Agostino, ad esempio, il documento è «elusivo» su un possibile nesso tra eutanasia e stop alle cure che alcuni potrebbero ipotizzare: «Alcuni potrebbero leggervi un passo verso la legalizzazione dell´eutanasia passiva».
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