mercoledì 17 settembre 2008

La Cassazione e il rifiuto di curarsi "Un diritto, ma il paziente sia chiaro"

La Repubblica 17.9.08
La Cassazione e il rifiuto di curarsi "Un diritto, ma il paziente sia chiaro"
Dopo il caso Eluana, la polemica su un testimone di Geova
di Caterina Pasolini

ROMA - Rifiutare le cure, anche quelle salvavita, è un diritto. Lo ribadisce la Cassazione che in una nuova sentenza va oltre, e da indicazioni concrete affinché la libertà di scelta del paziente venga rispettata anche nel caso in cui non sia in grado di comunicarla ai medici. Davanti al vuoto legislativo e alle recenti polemiche sul caso di Eluana Englaro la suprema corte chiarisce, definisce. Offre spunti concreti alla politica che negli ultimi anni ha visto più di dieci disegni di legge sul testamento biologico presentati senza riuscire a trovare un accordo di massima tra le diverse anime del parlamento.
Gli ermellini stabiliscono infatti due requisiti perché i medici eseguano le volontà del malato nel caso questi sia incosciente. È necessario che il paziente abbia con se una dichiarazione dove manifesta in modo «articolato ed inequivoco» il dissenso a ricevere taluni trattamenti. O un atto nel quale nomina un tutore che si esprima al posto suo.
Così recita la sentenza nata dal ricorso presentato da Mirko, testimone di Geova che nel ?90, arrivato moribondo dopo un incidente, venne trasfuso nonostante avesse in tasca un pezzo di carta con scritto: niente sangue. Nel ricorso chiedeva il risarcimento dei danni morali e biologici (ha contratto l´epatite b) per essere stato trasfuso nonostante il suo rifiuto per motivi religiosi. Ma quel foglietto per i magistrati è un´indicazione troppo vaga, ci vuole un consenso «chiaro, attuale e informato» perché venga rispettato il diritto sancito dalla Costituzione a rifiutare le cure.
Le prime reazioni sulla sentenza della Cassazione sono positive: dall´onorevole teodem Paola Binetti, ai radicali, passando per il senatore del Pd Ignazio Marino.
«È giusto che la magistratura metta dei paletti su un argomento così delicato, sospeso tra la libertà del paziente e la responsabilità dei medici. Il diritto dell´ammalato a non curarsi lo riconosco, anche se per me è sempre una sconfitta lasciare che qualcuno rinunci alla vita», dice la senatrice teodem, numeraria dell´Opus Dei, Paola Binetti.
«Ottima sentenza», commenta Rita Bernardini, segretario dei Radicali, «perché ribadisce il diritto a rifiutare i trattamenti e sottolinea il bisogno di una legge che dia indicazioni concrete, semplici. In fondo in quella figura di fiduciario io vedo il padre di Eluana che da anni si batte per rispettare il volere della figlia».
Latore di un disegno di legge sul testamento biologico è il professor Marino che giudica molto positiva la sentenza «che ribadisce la libertà di cura. E indica, come nel mio testo la necessità di un fiduciario perché venga rispettata la volontà del malato se questi non può parlare. Nel caso del testimone di Geova penso che se in emergenza, come dopo un incidente, non si possa perdere tempo a cercare documenti sulle sue volontà, si cerca di salvare una vita. Una volta stabilizzato il paziente potrà decidere se rifiutare le cure».

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