venerdì 5 settembre 2008

Formigoni, accanimento terapeutico: per Eluana alimentazione forzata

Formigoni, accanimento terapeutico: per Eluana alimentazione forzata

Liberazione del 4 settembre 2008, pag. 1

di Laura Eduati

Eluana Englaro non deve morire negli ospedali lombardi: il personale sanitario non può sospendere l'alimentazione e l'idratazione artificiale alla ragazza di Lecco in stato vegetativo da 16 anni, poiché verrebbe meno ai suoi obblighi personali e di servizio. Insomma, medici e infermieri che aiuterebbero il corpo di Eluana a morire potrebbero incorrere in seri provvedimenti disciplinari.
Così il direttore sanitario della Regione Lombardia, Carlo Lucchina, risponde ad una lettera inviata da Beppino Englaro, padre e tutore legale della giovane, che lo scorso luglio aveva ottenuto dai giudici milanesi il via libera per staccare il sondino nasogastrico della figlia. Per Lucchina, in perfetta linea con Formigoni e Vaticano, l'idratazione e l'alimentazione non possono essere considerate accanimento terapeutico. La Regione Lombardia si appiglia alla sentenza, che non obbliga alcuna struttura ospedaliera ad accogliere la ragazza.
Per Beppino Englaro, ormai abituato ai colpi di scena nella lunga battaglia giudiziaria intrapresa alla fine degli anni '90, si tratta soltanto di una ennesima questione legale: «C'è un decreto e deve essere eseguito». C'è dell'altro: l'obiezione di coscienza di una intera Regione, certamente non sanzionabile dall'autorità giudiziaria. Si schiera con Formigoni l'associazione degli anestesisti e rianimatori (Aaroi) con una motivazione paradossale: «nessun medico» può sospendere l'idratazione e l'alimentazione artificiali in quanto Eluana non presenta «morte cerebrale». Ovvero: non possiamo far morire Eluana perché Eluana non è clinicamente morta. Di parere nettamente contrario la Cgil medici: «Le sentenze vanno apllicate nel rispetto della legge».
Dalla vicenda Englaro al dibattito sul testamento biologico il passo è breve, e non sorprende il fatto che sia il centrodestra a sollecitare una legge in merito visto il recente sdoganamento della questione ad opera del vicepresidente del Senato Maurizio Lupi (ciellino) e del monsignor Fisichella.
Il Pdl vorrebbe coinvolgere il Pd nel dibattito parlamentare, e finora le adesioni più entusiastiche sono venute dai teodem come Paola Binetti che nei primi giorni di agosto ha depositato una proposta di legge sulle volontà anticipate - un altro dei modi per indicare il testamento biologico - che però esclude alimentazione e idratazione artificiali dall'accanimento terapeutico e dunque non risolverebbe la questione posta dai malati in stato vegetativo permanente come Eluana.
Linea opposta a quella sostenuta dalla proposta di legge dei radicali: «Alimentazione e idratazione forzate vanno sospese se questa è la volontà dichiarata dal paziente prima di cadere nell'incoscienza» spiega Maria Antonietta Coscioni: «La volontà del malato deve venire prima del medico». A metà strada si trova il pensiero del chirurgo Ignazio Marino, esponente del Pd, per il quale ogni persona dovrebbe avere il diritto di elencare quali trattamenti ricevere in caso di grave malattia, e questo in accordo con l'articolo 32 della Costituzione che stabilisce il diritto a rifiutare ogni trattamento sanitario.
Il paradosso è che, nel completo vuoto legislativo, un paziente in possesso delle proprie facoltà mentali può decidere di non iniziare un trattamento terapeutico, ma non può decidere di interromperlo se questo implica morire. Nello stato di incoscienza, invece, viene interrotto soltanto l'accanimento terapeutico nella fase terminale della malattia.
Eluana non è nella fase terminale. E il suo caso non tocca per nulla il dibattito sulla morte cerebrale, lanciato nei giorni scorsi dall' Osservatore Romano attraverso un articolo di Lucetta Scaraffia secondo la quale l'encefalogramma piatto non determina la fine della vita umana se il cuore non ha ancora smesso di battere. Dopo che lo stesso Vaticano ha precisato di non approvare l'articolo di Scaraffia, prendono le distanze dall' Osservatore Romano anche Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita e parlamentare Udc, e la stessa università Cattolica di Milano attraverso il centro di bioetica dell'ateneo: «Rischia di confondere situazioni tra loro assolutamente differenti, come lo stato vegetativo e la morte cerebrale». Nello stato vegetativo le cellule cerebrali continuano a vivere garantendo, ad esempio, la respirazione e il funzionamento dell'apparato gastro-intestinale, mentre nella morte cerebrale queste funzioni si spengono.
Nel pomeriggio arriva una precisazione del cardinale José Lozano Barragan, presidente del Pontificio consiglio pastorale sulla salute, secondo il quale la Chiesa, è vero, riconosce la morte cerebrale ma attende dalla comunità scientifica «segni sempre più sicuri». Destando così la reazione della Società italiana per la sicurezza e la qualità dei trapianti, preoccupata che l'opinione pubblica venga influenzata negativamente sul nobile gesto di donare organi: «Non esistono a oggi evidenze scientifiche per modificare i criteri di diagnosi della morte encefalica». Per Nichi Vendola quella del giornale del Vaticano è «un'invadenza», mentre Paolo Ferrero vede nella decisione della Regione Lombardia un «accanimento terapeutico».

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