La Repubblica 8.9.08
Ignazio Marino, senatore e chirurgo, è promotore di un disegno di legge sul testamento biologico
"Da medico non farei mai quell´iniezione ma in Italia si trascura il dolore dei malati"
di Elena Dusi
L´Italia scossa delle polemiche si aggrappa all´unico scoglio che sembra restare saldo. L´articolo 32 della Costituzione prevede che nessuno possa essere obbligato a un determinato trattamento sanitario. «Ma ora nel nostro paese rischiamo di vedere intaccato anche questo principio» lamenta Ignazio Marino, chirurgo specializzato in trapianti e senatore del Partito democratico.
Lei ha presentato un disegno di legge sul testamento biologico che ha lo scopo di evitare l´accanimento terapeutico. Perché ora teme un passo indietro?
«Esistono altri disegni di legge concorrenti che limitano la libertà di un cittadino di disporre di se stesso. Il mio obiettivo è che una persona lucida e cosciente possa dire: "Questo trattamento non lo voglio". Altre proposte in parlamento vogliono invece imporre la nutrizione artificiale nel caso in cui un malato non sia più in grado di mangiare. Questo stravolge la nostra norma, che da tre legislature cerca di farsi strada in parlamento. È un passo indietro perché si unisce a un uso scarso degli antidolorifici e a una grave mancanza di assistenza dei malati terminali nel sud Italia. Dei 120 hospice presenti nel nostro paese, 103 sono al nord. Questo vuol dire disattenzione di fronte alla sofferenza dei malati. E invece il discorso del ministro della salute spagnolo ruota tutto intorno alla riduzione del dolore».
In Italia si arriverà mai a parlare di suicidio assistito?
«Spero di no. Sospendere una terapia quando non c´è più nessuna speranza è un conto. Praticare un´iniezione letale, anche se su richiesta di un malato, è qualcosa che va oltre il rapporto che si instaura fra un paziente e il suo medico. Da chirurgo specializzato in trapianti di fegato mi sono trovato spesso di fronte alla morte e alle scelte dolorose, ma non sarei mai in grado di praticare un suicidio assistito».
Quindi è contrario alla proposta del ministro Soria?
«Sì, ma due aspetti mi piacciono molto: l´idea di discutere di argomenti così complessi con calma e all´interno di una commissione (purché tutti siano disposti ad ascoltare gli altri). E l´attenzione che si presta alla lotta contro la sofferenza».
Ignazio Marino, senatore e chirurgo, è promotore di un disegno di legge sul testamento biologico
"Da medico non farei mai quell´iniezione ma in Italia si trascura il dolore dei malati"
di Elena Dusi
L´Italia scossa delle polemiche si aggrappa all´unico scoglio che sembra restare saldo. L´articolo 32 della Costituzione prevede che nessuno possa essere obbligato a un determinato trattamento sanitario. «Ma ora nel nostro paese rischiamo di vedere intaccato anche questo principio» lamenta Ignazio Marino, chirurgo specializzato in trapianti e senatore del Partito democratico.
Lei ha presentato un disegno di legge sul testamento biologico che ha lo scopo di evitare l´accanimento terapeutico. Perché ora teme un passo indietro?
«Esistono altri disegni di legge concorrenti che limitano la libertà di un cittadino di disporre di se stesso. Il mio obiettivo è che una persona lucida e cosciente possa dire: "Questo trattamento non lo voglio". Altre proposte in parlamento vogliono invece imporre la nutrizione artificiale nel caso in cui un malato non sia più in grado di mangiare. Questo stravolge la nostra norma, che da tre legislature cerca di farsi strada in parlamento. È un passo indietro perché si unisce a un uso scarso degli antidolorifici e a una grave mancanza di assistenza dei malati terminali nel sud Italia. Dei 120 hospice presenti nel nostro paese, 103 sono al nord. Questo vuol dire disattenzione di fronte alla sofferenza dei malati. E invece il discorso del ministro della salute spagnolo ruota tutto intorno alla riduzione del dolore».
In Italia si arriverà mai a parlare di suicidio assistito?
«Spero di no. Sospendere una terapia quando non c´è più nessuna speranza è un conto. Praticare un´iniezione letale, anche se su richiesta di un malato, è qualcosa che va oltre il rapporto che si instaura fra un paziente e il suo medico. Da chirurgo specializzato in trapianti di fegato mi sono trovato spesso di fronte alla morte e alle scelte dolorose, ma non sarei mai in grado di praticare un suicidio assistito».
Quindi è contrario alla proposta del ministro Soria?
«Sì, ma due aspetti mi piacciono molto: l´idea di discutere di argomenti così complessi con calma e all´interno di una commissione (purché tutti siano disposti ad ascoltare gli altri). E l´attenzione che si presta alla lotta contro la sofferenza».
Nessun commento:
Posta un commento