l’Unità 28.9.08
«Il Papa ha potuto scegliere, Eluana no»
Beppino Englaro: lo stato vegetativo permanente non esiste in natura. Roccella insiste: non è terminale
di Natalia Lombardo
«LO STATO VEGETATIVO permanente non esiste in natura, è lo sbocco dei protocolli medici che hanno interrotto il processo di morte di Eluana. E io questi protocolli non li voglio più». Lo dice con tono appassionato accolto da un applauso caldo, Beppino Englaro, padre della ragazza in stato vegetativo da sedici anni. Ha alzato la voce solo in quel momento, è sbottato per rispondere alla fermezza gelida con la quale Eugenia Rocella, sottosegretario al Welfare, gli ha detto in faccia: «Eluana non è un malato terminale, può vivere ancora molto tempo». Ovvero che la sua volontà di morire non è valida senza una dichiarazione scritta: «Anche per vendere un motorino serve un certificato», afferma l’esponente del Pdl.
Temi difficili che toccano le emozioni, infatti il dibattito «L’autodeterminazione dell’individuo: un diritto in ogni fase della vita», che si è svolto ieri al "Festival della salute" a Viareggio organizzato da Italianieuropei, ha suscitato passioni. E proteste che hanno sommerso la paladina del Family Life, da parte di una platea coinvolta in prima persona. Sul palco anche Mina Welby, che con il marito Piergiorgio ha combattuto, nel partito radicale, la battaglia per interrompere la sua vita da forzato nel letto. «Abbiamo camminato nel deserto della mancanza di leggi»: su questo sono tutti d’accordo con il papà di Eluana, il Parlamento deve approvare una legge sul testamento biologico, la cui necessità è sostenuta anche da monsignor Bagnasco. «Ci sono voluti 5750 giorni perché si pronunciasse una sentenza», racconta lui. Un "deserto" attraversato dal 18 gennaio 1992, quando Eluana ebbe l’incidente che la rese incapace di intendere e di volere. Solo nel 2007 la famiglia ha trovato risposta nella sentenza della Cassazione ora messa in discussione dalla maggioranza in Parlamento e sospesa dalla Procura generale di Milano. Papà Englaro aspetta «solo il decreto attuativo» ma non vuole parlarne. La Corte stabilì che «l’alimentazione e l’idratazione forzata sono presidi terapeutici, checché ne dica la Chiesa», e che lui, come tutore «avrebbe potuto interromperli». Poi aggiunge: «Giovanni Paolo II aveva problemi alla faringe e non volle essere trachetomizzato. Lui ha potuto dire di no, Eluana non può».
Eugenia Rocella passa come un panzer ideologico sui sentimenti: «Non si può ricostruire la volontà di una persona di morire in base a testimonianze vaghe o stili di vita». Per lei «la sentenza è inquietante e rischiosa perché apre la strada al diritto di morire. La Cassazione ha invaso il campo del Parlamento». Il dibattito si scalda, dalla platea molte le voci di protesta sofferenti. Rocella alza il tono per superarle e insiste: voler staccare la spina senza disposizione di fine vita - termine terribile- è pari all’abbandono. Fa un esempio fuori luogo: «Non si cerca di trattenere le persone dal suicidio?». Protesta: «Sono qui sola contro tutti». Non c’è dalla sua parte Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera: un’assenza annunciata, sembra per partecipare a una iniziativa di Cl. È Mina Welby, allora, a raccontare come avesse «remato contro» la volontà di suo marito Piergiorgio, che una notta le chiese «dammi tutte le pasticche che sono nel comodino, non ce la faccio più». Invece scelsero di combattere una battaglia pubblica, (Rocella è ex radicale e ex femminista, ora si dice liberataria e sta nel Pdl). «Io non volevo che mi lasciasse, lo amavo tantissimo, ma se avessi ceduto quella notte ora non sarei qui a finire il lavoro, come diceva mia madre», racconta Mina, piccola e combattiva, la voce dolce.
Solo la necessità di una legge unisce tutti: «La chiedo con forza al Parlamento», afferma Englaro. La farà il centrodestra, cambiando la proposta che presentò Ignazio Marino, chirurgo, senatore Pd e presidente del Comitato scientifico della (riuscita) Festa della Salute. Il principio della legge, ha ripetuto ieri, parte dal «diritto di cura ma non il dovere di accanirsi perché la tecnologia è avanzata. Lo dissero i Costituenti nel ’47: se non voglio nessuno può farmi un intervento». Eugenia Rocella auspica la legge ma mette già dei paletti: non si interrompa l’alimentazione forzata, si bloccherebbe le terapie contro l’anoressia; il diritto dei medici nel non staccare la spina.
Alla fine papà Englaro parla a tu per tu con la "pasionaria": «Non attaccate i giudici che hanno coraggio civile, e che sono intervenuti perché il Parlamento non ha fatto niente. Anzi, dovreste ringraziarli». Questo mai, ribatte Rocella, «altrimenti si crea un precedente pericoloso». Alla fine, comunque si stringono la mano. Beppino Englaro non fa caso agli attacchi: «sono collaudato».
«Il Papa ha potuto scegliere, Eluana no»
Beppino Englaro: lo stato vegetativo permanente non esiste in natura. Roccella insiste: non è terminale
di Natalia Lombardo
«LO STATO VEGETATIVO permanente non esiste in natura, è lo sbocco dei protocolli medici che hanno interrotto il processo di morte di Eluana. E io questi protocolli non li voglio più». Lo dice con tono appassionato accolto da un applauso caldo, Beppino Englaro, padre della ragazza in stato vegetativo da sedici anni. Ha alzato la voce solo in quel momento, è sbottato per rispondere alla fermezza gelida con la quale Eugenia Rocella, sottosegretario al Welfare, gli ha detto in faccia: «Eluana non è un malato terminale, può vivere ancora molto tempo». Ovvero che la sua volontà di morire non è valida senza una dichiarazione scritta: «Anche per vendere un motorino serve un certificato», afferma l’esponente del Pdl.
Temi difficili che toccano le emozioni, infatti il dibattito «L’autodeterminazione dell’individuo: un diritto in ogni fase della vita», che si è svolto ieri al "Festival della salute" a Viareggio organizzato da Italianieuropei, ha suscitato passioni. E proteste che hanno sommerso la paladina del Family Life, da parte di una platea coinvolta in prima persona. Sul palco anche Mina Welby, che con il marito Piergiorgio ha combattuto, nel partito radicale, la battaglia per interrompere la sua vita da forzato nel letto. «Abbiamo camminato nel deserto della mancanza di leggi»: su questo sono tutti d’accordo con il papà di Eluana, il Parlamento deve approvare una legge sul testamento biologico, la cui necessità è sostenuta anche da monsignor Bagnasco. «Ci sono voluti 5750 giorni perché si pronunciasse una sentenza», racconta lui. Un "deserto" attraversato dal 18 gennaio 1992, quando Eluana ebbe l’incidente che la rese incapace di intendere e di volere. Solo nel 2007 la famiglia ha trovato risposta nella sentenza della Cassazione ora messa in discussione dalla maggioranza in Parlamento e sospesa dalla Procura generale di Milano. Papà Englaro aspetta «solo il decreto attuativo» ma non vuole parlarne. La Corte stabilì che «l’alimentazione e l’idratazione forzata sono presidi terapeutici, checché ne dica la Chiesa», e che lui, come tutore «avrebbe potuto interromperli». Poi aggiunge: «Giovanni Paolo II aveva problemi alla faringe e non volle essere trachetomizzato. Lui ha potuto dire di no, Eluana non può».
Eugenia Rocella passa come un panzer ideologico sui sentimenti: «Non si può ricostruire la volontà di una persona di morire in base a testimonianze vaghe o stili di vita». Per lei «la sentenza è inquietante e rischiosa perché apre la strada al diritto di morire. La Cassazione ha invaso il campo del Parlamento». Il dibattito si scalda, dalla platea molte le voci di protesta sofferenti. Rocella alza il tono per superarle e insiste: voler staccare la spina senza disposizione di fine vita - termine terribile- è pari all’abbandono. Fa un esempio fuori luogo: «Non si cerca di trattenere le persone dal suicidio?». Protesta: «Sono qui sola contro tutti». Non c’è dalla sua parte Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera: un’assenza annunciata, sembra per partecipare a una iniziativa di Cl. È Mina Welby, allora, a raccontare come avesse «remato contro» la volontà di suo marito Piergiorgio, che una notta le chiese «dammi tutte le pasticche che sono nel comodino, non ce la faccio più». Invece scelsero di combattere una battaglia pubblica, (Rocella è ex radicale e ex femminista, ora si dice liberataria e sta nel Pdl). «Io non volevo che mi lasciasse, lo amavo tantissimo, ma se avessi ceduto quella notte ora non sarei qui a finire il lavoro, come diceva mia madre», racconta Mina, piccola e combattiva, la voce dolce.
Solo la necessità di una legge unisce tutti: «La chiedo con forza al Parlamento», afferma Englaro. La farà il centrodestra, cambiando la proposta che presentò Ignazio Marino, chirurgo, senatore Pd e presidente del Comitato scientifico della (riuscita) Festa della Salute. Il principio della legge, ha ripetuto ieri, parte dal «diritto di cura ma non il dovere di accanirsi perché la tecnologia è avanzata. Lo dissero i Costituenti nel ’47: se non voglio nessuno può farmi un intervento». Eugenia Rocella auspica la legge ma mette già dei paletti: non si interrompa l’alimentazione forzata, si bloccherebbe le terapie contro l’anoressia; il diritto dei medici nel non staccare la spina.
Alla fine papà Englaro parla a tu per tu con la "pasionaria": «Non attaccate i giudici che hanno coraggio civile, e che sono intervenuti perché il Parlamento non ha fatto niente. Anzi, dovreste ringraziarli». Questo mai, ribatte Rocella, «altrimenti si crea un precedente pericoloso». Alla fine, comunque si stringono la mano. Beppino Englaro non fa caso agli attacchi: «sono collaudato».