l’Unità 19.12.08
L’etica e l’ingerenza di Sacconi
di Vittorio Angiolini
La Corte Costituzionale tedesca, tempo fa, ha ipotizzato che l’aborto, considerato illecito, potesse essere ammesso qualora la donna si sottoponesse preventivamente ad un’opera di persuasione «etica», con cui lo Stato le ricordasse come la scelta di abortire fosse riprovevole.
Giuristi tedeschi ed europei, anche cattolici, criticarono la Corte, sottolineando come compito dello Stato non possa essere quello di ingerirsi nell’ «etica» e nelle «coscienze» individuali, ma debba essere solo quello di distinguere, con sanzioni adeguate, i comportamenti vietati da quelli ammessi e da quelli protetti come diritto dell’individuo.
L’intervento del Ministro Sacconi sul caso Englaro ripropone il problema: il Ministro stesso dice di non aver vincolato comportamenti, non avendone la competenza, ma dice di aver voluto operare un richiamo doveroso «eticamente». Il problema è di nuovo quello di un’autorità statale che vuole porsi come autorità in campo «etico». La questione non è secondaria. La «bio-etica» esige un dibattito ampio, a cui tutti siano ammessi liberamente e senza esclusioni, neanche a carico di chi rivendica la libertà di propri convincimenti religiosi. La «bio-etica», non può divenire «bio-politica», ossia rimessa alla mano statale e pubblica. Lo Stato e la politica che vogliono appropriarsi dell’«etica» sono, per fortuna, solo un ricordo triste.
Lo Stato faccia il compito suo, che è quello di dare norme giuridiche di comportamento e che, nel caso di Eluana, è un compito ormai esaurito, essendo giunti ad una sentenza definitiva.
Per il resto, anche sugli stati vegetativi, il dibattito liberamente. In campo «etico», l’opinione del Ministro vale quella di qualunque altro cittadino, in quanto non si traduca, o come nel caso nostro sia persino intraducibile, in regole di diritto.
L’etica e l’ingerenza di Sacconi
di Vittorio Angiolini
La Corte Costituzionale tedesca, tempo fa, ha ipotizzato che l’aborto, considerato illecito, potesse essere ammesso qualora la donna si sottoponesse preventivamente ad un’opera di persuasione «etica», con cui lo Stato le ricordasse come la scelta di abortire fosse riprovevole.
Giuristi tedeschi ed europei, anche cattolici, criticarono la Corte, sottolineando come compito dello Stato non possa essere quello di ingerirsi nell’ «etica» e nelle «coscienze» individuali, ma debba essere solo quello di distinguere, con sanzioni adeguate, i comportamenti vietati da quelli ammessi e da quelli protetti come diritto dell’individuo.
L’intervento del Ministro Sacconi sul caso Englaro ripropone il problema: il Ministro stesso dice di non aver vincolato comportamenti, non avendone la competenza, ma dice di aver voluto operare un richiamo doveroso «eticamente». Il problema è di nuovo quello di un’autorità statale che vuole porsi come autorità in campo «etico». La questione non è secondaria. La «bio-etica» esige un dibattito ampio, a cui tutti siano ammessi liberamente e senza esclusioni, neanche a carico di chi rivendica la libertà di propri convincimenti religiosi. La «bio-etica», non può divenire «bio-politica», ossia rimessa alla mano statale e pubblica. Lo Stato e la politica che vogliono appropriarsi dell’«etica» sono, per fortuna, solo un ricordo triste.
Lo Stato faccia il compito suo, che è quello di dare norme giuridiche di comportamento e che, nel caso di Eluana, è un compito ormai esaurito, essendo giunti ad una sentenza definitiva.
Per il resto, anche sugli stati vegetativi, il dibattito liberamente. In campo «etico», l’opinione del Ministro vale quella di qualunque altro cittadino, in quanto non si traduca, o come nel caso nostro sia persino intraducibile, in regole di diritto.
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