venerdì 12 dicembre 2008

Il caso Englaro è la nuova breccia di Porta Pia

Liberazione 12.12.08
Il caso Englaro è la nuova breccia di Porta Pia
di Maurizio Mori

Anticipiamo l'introduzione dell'ultimo saggio di Maurizio Mori, a giorni nelle librerie

Perché non permettere ai genitori di Eluana di liberare la figlia dai vincoli tecnici che la tengono prigioniera in una condizione di "non vita" che da lei era aborrita e lo sarebbe ancora di più oggi? Perché tanti contrasti?
(...) Più che di per sé (di persone ne muoiono tante, anche in situazioni ben peggiori), il caso Eluana è importante per il suo significato simbolico. Da questo punto di vista è l'analogo del caso creatosi con la breccia di Porta Pia attraverso cui il 20 settembre 1870 i bersaglieri entrarono nella Roma papalina. Come Porta Pia è importante non tanto come azione militare quanto come atto simbolico che ha posto fine al potere temporale dei papi e alla concezione sacrale del potere politico, così il caso Eluana apre una breccia che pone fine al potere (medico e religioso) sui corpi delle persone e (soprattutto) alla concezione sacrale della vita umana. Sospendere l'alimentazione e l'idratazione artificiali implica abbattere una concezione dell'umanità e cambiare l'idea di vita e di morte ricevuta dalla tradizione millenaria che affonda le radici nell'ippocratismo e anche prima nella visione dell'homo religiosus, per affermarne una nuova da costruire.
Come Porta Pia segna la fine del papa re e di un paradigma del ruolo sacrale della religione in politica, gettando le basi di un'aurorale democrazia in Italia, così il caso Eluana segna la fine (sul piano teorico) del paternalismo in medicina e di un paradigma medico fondato sul vitalismo ippocratico, gettando le basi di un aurorale controllo della propria vita da parte delle persone. Come c'è voluto parecchio tempo prima che in campo politico la democrazia si consolidasse e il diritto di voto diventasse fatto acquisito e rilevante, così è probabile che ci vorrà ancora del tempo prima che in campo medico si consolidi l'idea che il paziente deve avere il controllo della propria vita, e che l'autodeterminazione (col suo consenso informato) diventi davvero il centro della pratica clinica. Come Porta Pia ha dato origine a quella durissima opposizione della Chiesa cattolica romana che ha portato alla "questione romana", al Non expedit e al papa che, per oltre mezzo, secolo si è ritenuto "prigioniero" e "usurpato", così il caso Eluana ha suscitato opposizioni e ostruzionismi davvero straordinari e fuori dal comune, anche se non sappiamo per quanto tempo ancora durerà il turbamento per il tabù violato.
Se vale l'analogia, allora si può anche azzardare una previsione: è facile che, prima o poi, anche sulla "breccia di Eluana" ci sarà la conciliazione, come è avvenuto con la "breccia di Porta Pia". Anche quest'ultima all'inizio sembrava una tragedia, un danno irreparabile: come osservava nel 1962 l'allora cardinale Gian Battista Montini (diventato l'anno seguente papa Paolo VI), la perdita dello Stato pontificio «parve un crollo (…) e parve allora, e per tanti anni successivi, a molti ecclesiastici ed a molti cattolici non potere la Chiesa romana rinunciarvi». Eppure, «la Provvidenza, ora lo vediamo bene, aveva diversamente disposto le cose». Infatti, oggi è comune ritenere che sia stato un bene per la Chiesa cattolica romana non essere più gravata dalle incombenze del potere temporale. È facile che qualcosa del genere accada anche con il caso Eluana: ora ai cattolici romani pare impossibile poter accettare l'autonomia e l'autodeterminazione in bioetica, valori che sono condannati essendo il frutto avvelenato di un individualismo possessivo e selvaggio. Ma anche in passato condannavano la democrazia, l'autonomia in politica, la libertà di pensiero e via dicendo: verranno dapprima a più miti consigli e poi, forse, anche a riconoscere che l'autodeterminazione sulla vita è centrale per la realizzazione personale. Può darsi anche che in qualche modo riconosceranno di avere sbagliato o che, storicizzando, attribuiranno agli "eccessi" degli individualisti o dei nichilisti la ragione dell'attuale dura opposizione, venendo a concludere che da sempre l'autonomia e l'autodeterminazione sono stati "valori cristiani", e che gli attuali contrasti sul caso Eluana sono il frutto di meri e banali fraintendimenti.
Oggi, però, lo scontro è durissimo: "tremendo", come direbbe Beppino Englaro. E non sembra che sia per qualche fraintendimento, ma perché ci sono reali, forti e insanabili divergenze su punti cruciali - che ho cercato di chiarire nel libro. L'uomo è animale simbolico che ha bisogno di significati: vive anche (o forse soprattutto) di simboli, non di solo pane. Come ha scritto Peter Berger: «Il significato è il fenomeno centrale della vita sociale (…). Né la vita collettiva né quella individuale è possibile senza un'intelaiatura di significato (…). Una società non può stare in piedi senza una serie di significati condivisi dai suoi membri; un individuo non può dare un senso alla propria vita senza una simile serie di significati». Lo scontro sul caso Eluana è durissimo perché esso scardina la tradizionale "mappa di significati", fenomeno questo che getta alcune persone in quella terribile e insopportabile condizione che è l'anomia, ossia la situazione di totale disorientamento e di privazione di simboli in cui le persone si sentono quando sono prive di riferimenti, di mete da raggiungere, di valori in cui credere.
In particolare, si ripropongono per il campo biomedico i problemi che già si sono posti in passato per altri aspetti della modernità. Come ricorda sempre Berger, nelle società premoderne i «significati sono presentati all'individuo come fatti scontati, generalmente sacri, sui quali egli può esercitare tanta poca scelta quanto sui fatti naturali: i valori che governano la vita familiare, per esempio, esistono più o meno come esiste una roccia, un albero e il colore dei propri capelli. Invece nelle società moderne un numero sempre maggiore di significati importanti è offerto all'individuo in una sorta di supermercato dei significati, in cui egli si aggira come un consumatore con ampie possibilità di scelta: per esempio fra diversi valori familiari, stili di vita, e anche preferenze sessuali [ed ora anche sulla vita biologica stessa]. Di conseguenza, il "diritto al significato" implica nei due tipi di società cose quasi opposte: in una società moderna implica il diritto dell'individuo di scegliere i propri significati; nelle società premoderne implica il suo diritto di attenersi alla tradizione».
L'asimmetria tra le due opposte "mappe di significati" o "paradigmi morali" non è da poco, perché nel primo caso i significati "ci sono", sono "dati" (come le pietre o le case), mentre nell'altro "sono da costruire". Per questo il nuovo è in svantaggio e chi sostiene la tradizione difende a gran voce i bei tempi passati. Consapevole di questa situazione, ho cercato di esaminare gli argomenti a sostegno dell'una e dell'altra prospettiva per indicare le buone ragioni della nuova risposta etica al caso Eluana. L'uomo ha bisogno di simboli e l'etica è una grande costruzione simbolica. Quando un'etica diventa inadeguata e incapace di dare risposte soddisfacenti, alcuni hanno la sensazione del "crollo" e protestano perché si sentono sull'orlo del precipizio o già sprofondare nel baratro. Altri però sono perplessi e non sanno che dire; e altri ancora intuiscono la positività del nuovo, magari senza riuscire ad articolarne le ragioni. In queste situazioni c'è bisogno di presentare le ragioni morali che sostengono la nuova "mappa di significati" o il nuovo "paradigma morale". Dando una risposta alle domande postemi da Beppino Englaro ho cercato anche di esplicitare le ragioni che sostengono la moralità della richiesta di sospendere la terapia nutrizionale di Eluana.

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