Pannella: la chiesa ha rispettato Giovanni Paolo II. Ed Eluana?
L'Unità del 4 agosto 2008, pag. 9
di Anna Tarquini
«Wojtyla sarebbe ora vivissimo e nominalmente regnante se si fossero usati contro di lui anche un decimo solo delle cure che vengono imposte a Eluana». Qual è il confine tra accanimento terapeutico e libertà di cura? Tra diritto del paziente e dovere del medico? Marco Pannella lo ha sintetizzato così, con un messaggio provocatorio ma chiarissimo per i cattolici che credono nell’obbligo di alimentazione di un corpo. «Giovanni Paolo II è stato ascoltato quando ha permesso che la sua supplica ("Lasciatemi tornare al Padre") fosse comunque resa pubblica. E sarebbe ora vivissimo se si fossero usati contro di lui anche un decimo solo delle cure che vengono imposte da potenti, che impongono a tutti torture indicibili e inedite con l’uso diabolico delle scoperte scientifiche e del Potere mondano, ai genitori e alla civiltà costituzionale italiana e internazionale avendo preso in ostaggio il corpo di Eluana. Perché Eluana non viene ascoltata?».
Il confine è proprio quello segnato da Marco Pannella. Ed è il nodo che divide in maniera trasversale destra e sinistra: c’è obbligo di cura? E l’alimentazione è o no accanimento terapeutico e chi è che decide? La Chiesa dice che non è accanimento, i cattolici anche e con questa argomentazione, da anni, fermano qualunque ipotetico disegno di legge. Mille e cinquecento persone in stato di coma vegetativo permanente, trecentomila quelle che ogni anno entrano in coma e tra loro settecento sono i bambini. La famiglia Englaro dà per scontata la sospensione della sentenza e si prepara alla battaglia legale. L’istanza dovrebbe arrivare nei prossimi giorni sul tavolo del collegio di turno; sarà poi fissata un’udienza alla quale saranno convocate anche la parti: il padre di Eluana, in qualità di tutore della figlia, i suoi legali gli avvocati Vittorio Angiolini e Marco Cuniberti, e il curatore speciale di Eluana, Franca Alessio. Dopo questo passaggio la Suprema Corte dovrà fissare in tempi non molto lunghi (si parla alla ripresa dell’attività dopo le ferie) l’udienza per decidere se il ricorso del pg è inammissibile o valutare se accogliere la richiesta di accertare ancora l’effettiva irreversibilità dello stato vegetativo permanente di Eluana. Infatti, sul piatto della bilancia, la Procura generale di Milano ha voluto rimettere in discussione un argomento che pesa molto di più e che rimette tutto in discussione. «Non vi è certezza sul fatto che il paziente in stato vegetativo permanente sia del tutto privo di consapevolezza», ha scritto nella motivazione del ricorso il pg Maria Antonietta Pezza scontrandosi anche con i colleghi della procura. «La scienza medica è in continua evoluzione e illustri sanitari hanno evidenziato chegli studi più aggiornati dimostrano come in alcuni pazienti in stato vegetativo permanente sia possibile ottenere risposte che danno conto di una residua possibilità, spesso elementare, di percepire impulsi dall’ambiente con correlata analisi e discriminazione delle in formazioni».
E’ «para para» la tesi sostenuta da un gruppo di 25 neurologi universitari e del servizio sanitario nazionale ha scritto al procuratore generale presso la Corte d’Appello di Milano e, per conoscenza, al presidente della Repubblica e al Governo, chiedendo lo stop all’esecutività della sentenza che autorizza Eluana Englaro a morire. È la tesi di un famoso specialista cattolico come Gian Luigi Gigli, una tesi cui risposero, il giorno dopo, il doppio degli specialisti sostenendo che i veri medici non parlano mai di «risvegli impossibili». Eppure il magistrato Maria Antonietta Pezza ha ragione di porre in questi termini la domanda. La condizione di coma o stato vegetativo può essere definita, con sicurezza irreversibile? Nel 2005 una commissione del ministero della Salute aveva affrontato questo nodo arrivando ad una soluzione alternativa. Non si può arrivare a una definizione di coma o stato vegetativo irreversibile, ma cronico sì. La differenza - spiegarono gli esperti della Sanità - è se il paziente non presenta miglioramenti clinici sostanziali per un certo arco di tempo. Si tratta di un periodo superiore ad un anno per i pazienti che hanno subito traumi e superiore a sei mesi per quelli nei quali lo stato vegetativo è conseguenza di fenomeni di anossia, ovvero mancanza di ossigeno. «Nel caso di Eluana - sostennero sempre gli esperti - si può dire che si tratta di uno stato vegetativo cronico, ovvero di una condizione nella quale le possibilità di ripresa sono davvero minime». Ma possibilità dire possibilità minime è cosa diversa da impossibili e «cronicità» è parola diversa da «irreversibilità». Ecco spiegata la scelta della motivazione del ricorso. Ecco spiegato perché avranno ragione di fermare tutto.
L'Unità del 4 agosto 2008, pag. 9
di Anna Tarquini
«Wojtyla sarebbe ora vivissimo e nominalmente regnante se si fossero usati contro di lui anche un decimo solo delle cure che vengono imposte a Eluana». Qual è il confine tra accanimento terapeutico e libertà di cura? Tra diritto del paziente e dovere del medico? Marco Pannella lo ha sintetizzato così, con un messaggio provocatorio ma chiarissimo per i cattolici che credono nell’obbligo di alimentazione di un corpo. «Giovanni Paolo II è stato ascoltato quando ha permesso che la sua supplica ("Lasciatemi tornare al Padre") fosse comunque resa pubblica. E sarebbe ora vivissimo se si fossero usati contro di lui anche un decimo solo delle cure che vengono imposte da potenti, che impongono a tutti torture indicibili e inedite con l’uso diabolico delle scoperte scientifiche e del Potere mondano, ai genitori e alla civiltà costituzionale italiana e internazionale avendo preso in ostaggio il corpo di Eluana. Perché Eluana non viene ascoltata?».
Il confine è proprio quello segnato da Marco Pannella. Ed è il nodo che divide in maniera trasversale destra e sinistra: c’è obbligo di cura? E l’alimentazione è o no accanimento terapeutico e chi è che decide? La Chiesa dice che non è accanimento, i cattolici anche e con questa argomentazione, da anni, fermano qualunque ipotetico disegno di legge. Mille e cinquecento persone in stato di coma vegetativo permanente, trecentomila quelle che ogni anno entrano in coma e tra loro settecento sono i bambini. La famiglia Englaro dà per scontata la sospensione della sentenza e si prepara alla battaglia legale. L’istanza dovrebbe arrivare nei prossimi giorni sul tavolo del collegio di turno; sarà poi fissata un’udienza alla quale saranno convocate anche la parti: il padre di Eluana, in qualità di tutore della figlia, i suoi legali gli avvocati Vittorio Angiolini e Marco Cuniberti, e il curatore speciale di Eluana, Franca Alessio. Dopo questo passaggio la Suprema Corte dovrà fissare in tempi non molto lunghi (si parla alla ripresa dell’attività dopo le ferie) l’udienza per decidere se il ricorso del pg è inammissibile o valutare se accogliere la richiesta di accertare ancora l’effettiva irreversibilità dello stato vegetativo permanente di Eluana. Infatti, sul piatto della bilancia, la Procura generale di Milano ha voluto rimettere in discussione un argomento che pesa molto di più e che rimette tutto in discussione. «Non vi è certezza sul fatto che il paziente in stato vegetativo permanente sia del tutto privo di consapevolezza», ha scritto nella motivazione del ricorso il pg Maria Antonietta Pezza scontrandosi anche con i colleghi della procura. «La scienza medica è in continua evoluzione e illustri sanitari hanno evidenziato chegli studi più aggiornati dimostrano come in alcuni pazienti in stato vegetativo permanente sia possibile ottenere risposte che danno conto di una residua possibilità, spesso elementare, di percepire impulsi dall’ambiente con correlata analisi e discriminazione delle in formazioni».
E’ «para para» la tesi sostenuta da un gruppo di 25 neurologi universitari e del servizio sanitario nazionale ha scritto al procuratore generale presso la Corte d’Appello di Milano e, per conoscenza, al presidente della Repubblica e al Governo, chiedendo lo stop all’esecutività della sentenza che autorizza Eluana Englaro a morire. È la tesi di un famoso specialista cattolico come Gian Luigi Gigli, una tesi cui risposero, il giorno dopo, il doppio degli specialisti sostenendo che i veri medici non parlano mai di «risvegli impossibili». Eppure il magistrato Maria Antonietta Pezza ha ragione di porre in questi termini la domanda. La condizione di coma o stato vegetativo può essere definita, con sicurezza irreversibile? Nel 2005 una commissione del ministero della Salute aveva affrontato questo nodo arrivando ad una soluzione alternativa. Non si può arrivare a una definizione di coma o stato vegetativo irreversibile, ma cronico sì. La differenza - spiegarono gli esperti della Sanità - è se il paziente non presenta miglioramenti clinici sostanziali per un certo arco di tempo. Si tratta di un periodo superiore ad un anno per i pazienti che hanno subito traumi e superiore a sei mesi per quelli nei quali lo stato vegetativo è conseguenza di fenomeni di anossia, ovvero mancanza di ossigeno. «Nel caso di Eluana - sostennero sempre gli esperti - si può dire che si tratta di uno stato vegetativo cronico, ovvero di una condizione nella quale le possibilità di ripresa sono davvero minime». Ma possibilità dire possibilità minime è cosa diversa da impossibili e «cronicità» è parola diversa da «irreversibilità». Ecco spiegata la scelta della motivazione del ricorso. Ecco spiegato perché avranno ragione di fermare tutto.
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