mercoledì 7 dicembre 2011

Liberi di vivere e morire. Io “tifo per la libertà

Il Fatto 2.12.11
A favore
Liberi di vivere e morire. Io “tifo per la libertà
Paolo Flores d’Arcais

Se la tua vita non appartiene a te, amico lettore, ne sarà padrone un altro essere umano, finito e fallibile non meno di te. Ti sembra accettabile? Su questa terra infatti si agitano e scontrano solo e sempre volontà umane, una volontà anonima e superiore che si imponga a tutti, oggettivamente o intersoggettivamente, è introvabile. Chi ciancia della volontà di Dio è blasfemo (come può pensare di conoscere ciò che è incommensurabile con la piccolezza umana?). In realtà attribuisce a Dio la propria volontà, lucrando sulla circostanza che nessun Dio potrà querelarlo per diffamazione. Il Dio cattolico di Küng considera lecita l’eutanasia, il Dio altrettanto cattolico di Ratzinger l’equipara all’omicidio. Perché in realtà si tratta dell’opinione di Küng e dell’opinione di Ratzinger, umanissime entrambe e non più autorevoli della tua. Perciò, rispetto alla tua vita, o il padrone sei tu o il padrone è un altro “homo sapiens”, eguale a te in dignità (così Kant, e ogni democrazia anche minima), vescovo, primario ospedaliero, pater familias o altra “autorità” che sia.
MA POICHÉ siamo tutti eguali, deve anche valere il reciproco: se il padrone della tua vita può essere qualcun altro, tu potrai a tua volta decidere della sua vita contro la sua volontà. Se c’è davvero qualcuno che accetterebbe si faccia avanti. Ma non ce n’è nessuno. Nella realtà esistono solo “homo sapiens” finiti, fallibili e peccatori come te e come me, amico lettore, che pretendono di imporre alle altrui vite la loro personale volontà, ma mai accetterebbero di essere soggetti ad analoga mostruosa prevaricazione.
PERCIÒ, senza perifrasi: il suicidio assistito è un diritto? Sì. Fa tutt’uno col diritto alla vita e alla libertà, inscindibili. La “Vita” che qualcuno vuole “sacra” è infatti la vita umana, non il “bios” in generale (ogni volta che prendiamo un antibiotico, come dice la parola, facciamo strage di “vita”), e la vita umana è tale perché singolare e irripetibile, cioè assolutamente MIA. Se non più mia, ma a disposizione di volontà altrui, è già degradata a cosa: “Instrumentum vocale”, dicevano giustamente gli antichi.
Per Lucio Magri la vita era ormai solo tortura. Per Mario Monicelli la vita era ormai solo tortura. Per porvi fine, Lucio Magri ha dovuto andare in esilio e Mario Monicelli gettarsi dal quinto piano. La legge italiana vieta infatti una fine che non aggiunga dolore al dolore già insopportabile: su chi ti aiuta incombe una condanna fino a 12 anni di carcere. E per “assistenza” al suicidio si intende anche quella semplicemente morale! Due casi raccapriccianti di anni recenti: un coniuge accompagna l’altro nell’ultimo viaggio (solo questo: la vicinanza) e deve patteggiare una pena di oltre due anni, altrimenti la sentenza sarebbe stata assai più pesante. Una signora di 54 anni, affetta da paralisi progressiva, decide di andare da sola in Svizzera, proprio per non coinvolgere la figlia. Che tuttavia le prenota il taxi per disabili che la porterà oltre frontiera. È bastato per l’incriminazione: ha dovuto patteggiare un anno e mezzo di carcere.
MA QUANDO si vuole porre fine alla tortura che ormai ha saturato la propria esistenza, si ha sempre bisogno di assistenza: il pentobarbital sodium non si trova dal droghiere, solo un medico lo può procurare. L’alternativa è appunto l’esilio o lo strazio estremo dell’angoscia aggiuntiva: gettarsi sotto un treno o nel vuoto o nella morte per acqua. Le anime “virili” che si sono concessi perfino l’ironia (“se uno vuol farla finita ha mille modi, senza piagnistei di ‘aiuto’”: i blog ne sono pieni), hanno davvero oltrepassato la soglia del vomitevole.
Altre obiezioni grondano comunque ipocrisia o illogicità. “Se vedi uno che si sta impiccando che fai, rispetti la sua libertà o intanto lo salvi?”. Ovvio che lo salvo, poiché potrebbe essere un momento di sconforto. Ma i casi di cui parliamo sono sempre e solo riferiti a scelte lungamente maturate, ponderate, ribadite. Lucidamente e incrollabilmente definitive (a maggior ragione se chi vuole morire subito è un malato terminale comunque condannato a morte). Da rispettare, dunque, se a una persona si vuole bene davvero: anche se la fine della sua tortura ci procura il dolore della sua assenza per sempre.
ALTRETTANTO pretestuosa l’accusa che il medico verrebbe costretto a praticare l’eutanasia a chiunque la chieda. Nessuno ha mai avanzato questa richiesta, ma solo il diritto - per il medico che questo aiuto vuole dare - di non rischiare il carcere come un criminale. Spiace perciò particolarmente che Ignazio Marino, clinico e cittadino dai molti meriti, abbia dichiarato: “Non dividiamoci tra ‘pro vita’ e ‘pro morte’, il tifo da stadio non è giustificabile di fronte alla fragilità umana”.
A parte la scurrilità del “tifo da stadio”: essere “pro choice” non è essere “pro morte” ma per la libertà di ciascuno di decidere liberamente, mentre troppi “pro vita” sono semplicemente “pro tortura”, poiché pretendono di imporla a chi invece la vive come peggiore della morte. Tu hai tutto il diritto di dire che mai e poi mai ricorrerai al suicidio assistito, che la sola idea ti fa orrore. Ma che diritto hai di imporre questo rifiuto a me, cui fa più orrore la tortura, visto che siamo cittadini eguali in dignità e libertà?

martedì 15 novembre 2011

"Bebè in provetta, è colpo di mano" nuovo stop alla diagnosi preimpianto

La Repubblica 13.11.11
"Bebè in provetta, è colpo di mano" nuovo stop alla diagnosi preimpianto
Roccella: era già vietata. I ginecologi: falso, la fanno in tutta Italia
Le nuove linee guida firmate dal sottosegretario in extremis. I radicali: norme illegittime
di Caterina Pasolini

ROMA - «Prima di crollare questo governo cerca con un colpo di mano di vietare la diagnosi preimpianto sugli embrioni. In barba alla legge, alle sentenze del Tar e della Consulta». È Filomena Gallo, avvocato, presidente dell´associazione Luca Coscioni, da anni in prima linea in difesa di coppie con malattie genetiche, a far divampare la polemica in un pomeriggio in cui l´attenzione è tutta rivolta alle ultime ore di Berlusconi premier.
Secondo l´esponente radicale le nuove linee guida sulla fecondazione assistita, inviate ieri al Consiglio superiore di sanità, prevedono il divieto alla diagnosi preimpianto. Non tarda la risposta del sottosegretario alla Salute Roccella: «La diagnosi preimpianto è vietata dalla legge 40 sulla fecondazione assistita, non c´è niente di nuovo».
Una frase che tra stupore e sdegno provoca reazioni a catena. Tra medici del calibro di Carlo Flamigni e avvocati che citano sentenze contrarie alle parole del sottosegretario, raccontano dei centri dove questi esami si fanno abitualmente, circa cento l´anno, mentre in Toscana si studia una convenzione. Perché chi ha problemi di salute non debba pagare 3mila euro a diagnosi oltre alla fecondazione assistita.
«Abbiamo appreso che le nuove linee guida della legge consegnate al Consiglio superiore di sanità sono illegittime sul piano scientifico e giuridico. Vieterebbero infatti le indagini cliniche sull´embrione restringendo l´applicazione di tecniche consolidate». Non ha dubbi l´avvocato Gallo, secondo lei la diagnosi è consentita proprio dagli articoli 13 comma 2 e 14 comma 5 della legge 40. «Prevedono che la coppia possa chiedere di conoscere lo stato di salute dell´embrione e poi ci sono 10 sentenze che confermano questa interpretazione».
Sulla stessa linea l´avvocato Costantini, che con le associazioni Hera e Cittadinanza attiva ha curato e vinto i ricorsi contro il divieto alla diagnosi. «Con la sentenza del Tar del Lazio del 2008 e con quella della Consulta del 2009 è stato possibile aumentare il numero degli embrioni prodotti aprendo la strada alla diagnosi pre impianto che altrimenti non avrebbe avuto alcun valore medico».
Il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella non ci sta. «Nelle nuove linee guida io ho solo accolto le direttive europee sulla tracciabilità delle cellule e dei tessuti, sul funzionamento dei centri per la fecondazione assistita. Di diagnosi non mi sono occupata. È già vietata dalla legge 40 che impedisce qualunque intervento che non sia indirizzato al bene dell´embrione. E le sentenze del Tar o della Consulta non cambiano la legge».
Contestano le certezze del sottosegretario medici come Carlo Flamigni, pioniere della fecondazione assistita, ed Ettore Cittadini, membro della Consiglio superiore di sanità che dovrà valutare le nuove linee guida: «Nella legge 40 non c´è un impedimento preciso alla diagnosi. Tanto che nel mio centro a Palermo lo facciamo alle coppie con talassemia». Lo stesso succede a Bologna, nella clinica diretta da Andrea Borini. «Mai avuto problemi, Nessuna denuncia. Quello che mi stupisce casomai è che nessuno protesti contro uno Stato che non passa questi esami. Anche perché chi vi si sottopone non lo fa per avere un figlio biondo o con gli occhi blu, ma per non trasmettere gravi malattie».

martedì 27 settembre 2011

"Ogm, embrioni e staminali sono temi chiave. Ma Chiesa e politici li stravolgono"

La Repubblica 22.9.11
Le critiche di Redi, accademico dei Lincei, nel suo libro
"La biologia è democrazia ma in Italia la ignorano tutti"
"Ogm, embrioni e staminali sono temi chiave. Ma Chiesa e politici li stravolgono"
di Luca Fraioli

Non risparmia nessuno: politici e filosofi, gerarchie vaticane e giornalisti. «Sono indignato con chi ha le redini del nostro Paese, i politici e i grandi (si fa per dire) pensatori. Non mostrano la benché minima umiltà nel chiedere di sapere, nell´informarsi sulle conoscenze biologiche necessarie per condurre una società laica e giusta». Carlo Alberto Redi, accademico dei Lincei e genetista dell´Università di Pavia si autodefinisce "biologo furioso". Che poi è titolo del saggio appena mandato in libreria per Sironi Editore (pagg. 224, euro 18). «Ho cercato di fare chiarezza su alcuni dei temi più controversi del momento: dalla tutela degli embrioni alla vita artificiale, dalle cellule staminali agli Ogm. Ma nei capitoli finali mi sono lasciato andare anche a qualche divagazione più "leggera"». Imperdibili i capitoli sull´origine delle mestruazioni e sul perché è bene convincere la propria ragazza a lasciarsi baciare almeno per sei mesi prima di troncare la relazione.
Ma torniamo all´indignazione. Perché è furioso, professor Redi?
«La nostra è una società del sapere e della conoscenza: nell´Ottocento era la chimica, nel Novecento la fisica, ora sono le scienze della vita. Eppure l´attenzione per questi temi è pari a zero. I politici si guardano bene dal chiedere un parere alle istituzioni scientifiche quando c´è da affrontare il fine vita, l´uso delle staminali o gli Ogm. Straparlano di argomenti che non conoscono, per cui non fanno nulla. Con un paradosso: si formano giovani scienziati e poi li si regala agli altri paesi che grazie a loro si arricchiscono di conoscenze».
Tuttavia negli anni ´70 e ´80 l´Italia ha partecipato a grandi progetti: dal Cern di Ginevra ai Laboratori del Gran Sasso. I fisici erano più bravi di voi biologi a convincere i politici, o i democristiani erano più attenti alla scienza di quanto lo siano destra e sinistra oggi?
«Propendo per la seconda spiegazione: in quegli anni democristiani sono state fatte cose importantissime, oggi si investe in ricerca meno della Tunisia. E così si mette a rischio la democrazia».
La democrazia?
«Certo. Negli anni Ottanta i cittadini potevano anche ignorare la fisica delle particelle, potevano non sapere cosa fosse il bosone di Higgs. Ora invece si devono conoscere i risultati ottenuti dai biologi, perché riguardano tutti. Riguardano il modo in cui verranno alla luce i nostri figli, ciò che mangeremo, come moriremo. Ed ecco il rischio: creare un mondo dove solo una piccola parte dei cittadini, informata e dotata di carta di credito, potrà accedere ai servizi biologici. E questa non è democrazia».
Il biologo furioso se la prende anche con la Chiesa.
«Le posizioni delle gerarchie ecclesiastiche su temi come le staminali e l´uso dell´embrione sono contro ogni evidenza scientifica. E pensare che fino a 50 anni fa dell´embrione non importava a nessuno. Ora lo considerano una persona. E chiedono di non toccare i 50mila embrioni conservati nei freezer, "condannandoli" così a morte certa. Mentre invece potrebbero essere impiegati per aiutare la vita».
Passiamo ai filosofi...
«Abbiamo un grande bisogno di filosofi...».
Però?
«Però sono ancora fermi alla fisica, alla mela di Newton che cade dall´albero. Pochi studiano la biologia. Habermas parla dei pericoli della "genetica liberale" e chiede di chiudere i laboratori. Lo vada a dire a chi soffre di patologie gravi che possono essere curate solo grazie alle biotecnologie. E poi in biologia esistono genetiche mendeliane, molecolari, quantitative... ma liberali no».
Possibile sia solo colpa degli altri? Che in tutto questo i biologi italiani non abbiano alcuna responsabilità?
«Sono pronto a riconoscere che è anche colpa nostra. Non possiamo più chiuderci nei laboratori, dobbiamo andare in strada e spiegare alla gente perché negli esperimenti abbiamo bisogno dei topolini. E non dobbiamo "pompare" ogni risultato delle ricerche pur di avere fondi. L´effetto collaterale è che si finisce per spaventare i cittadini sulle possibili applicazioni».
Ma perché il nostro Paese ha così paura della scienza?
«La risposta è scritta sul palazzo della Civiltà e del Lavoro all´Eur: siamo un popolo di santi, poeti, artisti, navigatori... solo in ultimo di scienziati. È il retaggio neoidealista che privilegiava la cultura umanista. Ma oggi bisogna sapere di scienza per poter decidere su argomenti come il nucleare, gli Ogm, la fecondazione in vitro. È giusto combattere le grandi aziende che vogliono il monopolio, ma non le conquiste scientifiche come gli Ogm che potrebbero servire per combattere la fame».
Nell´introduzione invita i lettori a stracciare i giornali... Che ne facciamo di questa intervista?
«Naturalmente è una provocazione contro quei media che con i loro titoli a effetto distorcono il senso della ricerca scientifica. Ho visto con i miei occhi ministri italiani prendere decisioni anche molto delicate in base alla rassegna stampa. In Inghilterra Cameron decide dopo aver sentito il parere della Royal Society».

domenica 4 settembre 2011

Bellocchio: presto il film ispirato da Eluana

Corriere della Sera 3.9.11
Bellocchio: presto il film ispirato da Eluana
di Chiara Maffioletti

MILANO — «Stavo lavorando da mesi all'idea, avevo scritto il soggetto, poi la sceneggiatura...». Ora, finalmente, c'è anche il produttore. Marco Bellocchio realizzerà Bella addormentata, il suo prossimo film che si sviluppa dal dramma di Eluana Englaro. Ospite della serata «La vita: istruzioni per l'uso», alla Festa Democratica Nazionale di Pesaro, il regista ha confermato: «Fortunatamente ho trovato un produttore che, in un tempo in cui trionfano commedie, e questo è chiaramente un dramma, mi ha incoraggiato ad andare avanti. Speriamo di poterlo realizzare».
«C'è un buon accordo con Cattleya, le riprese dovrebbero iniziare a inizio anno», ribadisce Bellocchio, che mesi fa aveva confessato di aver pensato di rinunciare al progetto perché troppo difficile. La vicenda non è la storia di Eluana — la ragazza che tutti abbiamo imparato a conoscere per lo strazio di quei suoi 17 anni in stato vegetativo e per la determinazione con cui il padre, Beppino, voleva rispettata la volontà della figlia di porre fine alla sua vita — ma parte da lì: «Tutto si svolge nei sei giorni che sono stati l'ultimo atto della vita di Eluana: dal suo arrivo nella clinica di Udine, il 3 febbraio 2009, alla sua morte, il 9. La fine di quel dramma mi colpì molto e divise l'Italia. Essendo la vicenda così complessa, alla fine questo tempo di elaborazione è servito».
Non è un film di denuncia, precisa il regista (che il 9 riceverà il Leone d'oro alla carriera), «perché il cinema di denuncia è stato bruciato dalla tv, da Internet. Per temi di questa grandezza c'è bisogno di riflessione. Nel film ci sono personaggi di fantasia. In quei sei giorni avvengono storie, in varie regioni d'Italia, collegate emozionalmente al caso Englaro che era per tutti una presenza costante in quel periodo, attraverso i media. Ci sarà un'elaborazione di quel materiale».
Pur partendo solo dalla storia di Eluana, il regista ha sentito il bisogno, mesi fa, di contattare il padre della ragazza: «Abbiamo parlato più volte. È un uomo per cui provo un'enorme stima, che ha portato avanti una battaglia di legalità ed è riuscito nella sua impresa. Nessuno lo dimenticherà. Non è un personaggio del film, nessun attore interpreta il suo ruolo, e ho voluto esporgli questa differenza. C'è una realtà, una cronaca: io prendo quello che si è visto e lo mescolo con immagini inventate». Si parlerà della valenza politica del film... «Politicizzare è sbagliato. Ci saranno i soliti intolleranti ottusi che utilizzeranno il film per portare avanti le loro tesi, lo fecero già con Buongiorno, notte. Ma il film non è questo». Ma lei ha un punto di vista netto sul tema... «Parto da un punto di vista laico, ma ci sono personaggi di diversi schieramenti, posizioni contrapposte, c'è una dialettica. Il film non è una volata verso una tesi».

lunedì 22 agosto 2011

Riparliamo di legge 40. Fecondazione assistita, rompiamo il silenzio

l’Unità 2.7.11
Riparliamo di legge 40. Fecondazione assistita, rompiamo il silenzio
di Maurizio Mori

La legge 40/2004 e il fallimento del successivo referendum hanno cancellato dalla rubrica culturale italiana il tema della fecondazione assistita. Prima al riguardo c’era curiosità e interesse per le novità in questo ambito e le nuove opportunità venivano considerate e discusse. Da dopo il referendum non se ne parla più. Si è come dimenticato che la fecondazione assistita allarga i confini della riproduzione e rende possibile nuove pratiche e opportunità, come quella di rendere evitabili molte malattie o di avere gravidanze post-menopausa o anche di dare figli agli omosessuali.
A tale proposito, è facile prevedere che la recente legalizzazione dei matrimoni omosessuali nello Stato di New York avrà effetti sulla vita sociale di tutto il mondo occidentale compreso quello dell’ammissione di nuove forme di riproduzione assistita. È chiaro infatti che gli omosessuali vogliono avere figli grazie alle nuove tecniche riproduttive.
In un mondo che cambia, discute, evolve, anche l’Italia dovrà prima o poi rivedere radicalmente la legge 40/2004 che ha regolato in modo restrittivo la fecondazione assistita, provocando disastri gravissimi. Molte coppie hanno rinunciato ad avere figli, mentre altre per averli sono dovute andare all’estero con disagi notevoli e talvolta anche con guai seri. Ma gli effetti deleteri della legge 40 non riguardano solo il piano pratico, quello che tocca la vita della gente direttamente, ma si estendono anche e forse soprattutto sul piano teorico e filosofico, che determina il quadro delle nostre scelte di fondo.
È urgente riprendere il discorso culturale sulla fecondazione assistita per cercare di sanare i disastri inflitti dalla legge 40 e dalle altre vicende. Oramai sul piano pratico
la legge è già stata in gran parte smantellata dalla corte Costituzionale e bisogna riconoscere alla Magistratura di fare molto per l’ammodernamento del Paese. Qualcos’altro può venire dall’Europa, ma altrettanto importante è il lavoro culturale per rilanciare l’idea che la libertà riproduttiva è un diritto fondamentale della persona e che avere figli è qualcosa che dipende da tale diritto. Questo può poi essere integrato e sostenuto dal diritto alla salute in alcuni casi specifici ma la scelta di ricorrere alla fecondazione assistita non può diventare un mero capitolo dell’assistenza sanitaria. Oggi in Italia per avere un figlio grazie all’assistenza medica un cittadino deve andare prima dal giudice e poi, se mai, dall’operatore sanitario. Bisogna che l’opzione di fecondazione assistita sia riconosciuta come libertà di scelta garantita da un diritto fondamentale del cittadino a prescindere dall’orientamento sessuale.

giovedì 11 agosto 2011

«Voglio morire» Giudice autorizza il rifiuto delle cure

«Voglio morire» Giudice autorizza il rifiuto delle cure

Roberto Ortolan, Il Gazzettino, il 03/08/11

Mentre la legge sul "finevita" e sul biotestamento si avvicina tra le polemiche all'atto finale, nella Marca scoppia un caso clamoroso che va nella direzione opposta a quella indicata dal Parlamento e che rischia di aprire un nuovo fronte dopo i casi Welby ed Englaro.

Il giudice trevigiano Clarice Di Tullio ha firmato un decreto che concede a una donna di 48 anni, colpita da una gravissima malattia degenerativa, la possibilità di rifiutare le cure.

Lo aveva chiesto qualche mese fa quando la sue condizioni erano peggiorate. La paziente aveva affidato le sue ultime volontà al marito che, sulla base del provvedimento, è stato nominato amministratore di sostegno con la facoltà di far rispettare la scelta della moglie, ovvero il rifiuto di trattamenti medici cruciali.

La decisione del giudice è arrivata nel gennaio scorso, quando la paziente era stata ricoverata in gravi condizioni all'ospedale di Treviso. Nonostante il quadro clinico stesse precipitando, la donna aveva rifiutato sia la trasfusione - è testimone di Geova - sia la tracheostomia (cioè la tracheotomia permanente), che le avrebbe permesso di limitare il deficit respiratorio.

La malattia ha poi avuto un'evoluzione positiva tanto da consentirle di tornare a casa. Ma la donna aveva deciso comunque di affidare le sue volontà al consorte: «Non voglio che la mia vita venga prolungata se i medici sono ragionevolmente certi che le mie condizioni sono senza speranza».

E l'appello non è caduto nel vuoto. Il giudice tutelare Di Tullio le ha dato ragione. Pertanto ha disposto che la paziente, attraverso il marito nominato amministratore di sostegno, possa rifiutare le cure salva-vita.

Il decreto è arrivato dopo un'istruttoria complessa. Sarà la 48enne -è la sostanza del provvedimento- a decidere sul "proprio fine vita", oppure il marito se lei non fosse nelle condizioni di farlo. Il giudice ha argomentato la propria decisione basandosi sul codice deontologico dei medici e su norme sovranazionali come quelle del Consiglio d'Europa relative ai diritti dell'uomo e alla biomedicina, laddove stabiliscono che nessun intervento nel campo della salute può essere effettuato qualora il paziente non abbia espresso il proprio consenso libero e informato.

Applicando tali principi, anche la Cassazione ha più volte ribadito che il consenso del paziente costituisce presupposto fondamentale della liceità dell'intervento medico il quale, non rispettandolo, commette dunque un'indebita intromissione nella sfera personale. L'orientamento europeo e le conclusioni della Cassazione, su simili basi, sono andate in una sola direzione: al paziente va riconosciuto anche il diritto di non curarsi, pur se a rischio della sua stessa vita. Il giudice Di Tullio le ha recepite, stabilendo così che la nomina di un amministratore di sostegno sia lo strumento processuale adatto ad assicurare il rispetto delle scelte individuali.

«Questa sentenza - spiegano dal Comitato di assistenza sanitaria per i testimoni di Geova - ha restituito dignità alla volontà e alle libertà delle persone. La decisione del giudice è vicina alla nostra sensibilità perché rimette al centro l'autodeterminazione del singolo».

Il decreto choc arriva proprio nel momento in cui la legge sul biotestamento è in dirittura d'arrivo. Se l'attuale testo dovesse essere approvato anche dal Senato e diventare legge, la decisione del giudice trevigiano verrebbe svuotata di ogni significato perché la volontà della paziente verrebbe sempre subordinata a quella del medico curante.

martedì 9 agosto 2011

«Deciso assieme lo stop alle cure»

«Deciso assieme lo stop alle cure»

Mauro Favaro, Il Gazzettino, il 04/08/11

«La nostra è stata una scelta difficile e condivisa, ma queste cose sono talmente complesse che è naturale cercare di tenerle riservate all'interno della famiglia».

A parlare è il marito della 48enne trevigiana, colpita da sclerosi multipla, che a gennaio è stato nominato dal tribunale di Treviso suo «amministratore di sostegno». Toccherà a lui, quindi, se la donna con il progredire della malattia dovesse perdere conoscenza, portare avanti le decisioni che lei ha già messo nero su bianco nell'aprile del 2007. «Non voglio che la mia vita venga prolungata - aveva scritto - se i medici sono ragionevolmente certi che le mie condizioni di vita siano senza speranza».

Uno stop a emotrasfusioni, dato che la donna è una testimone di Geova, ma anche alla tracheotomia permanente, al supporto ventilatorio e al sondino per l'alimentazione (Peg). Il marito, insomma, potrà legalmente fungere da «portavoce» e far rispettare la volontà della moglie di rifiutare le cure salva-vita. Una decisione del tribunale, ancora rara, ma un tempo impensabile nonostante le battaglie di chi si batte per la libertà di scelta dei malati.

E tra questi c'è sicuramente un altro trevigiano Paolo Ravasin, inchiodato nel suo letto di ospedale a Monastier dalla Sla, adesso pronto a chiedere al giudice che anche per lui venga nominato un «amministratore di sostegno», già individuato nel fratello Roberto. «La sentenza del tribunale è giusta perché ci consente di scegliere come ogni libero cittadino - spiega - solo i giudici, per il momento, difendono la volontà del malato».

E i giudici, al netto delle polemiche legate alla discussione della legge sul testamento biologico approvata dalla Camera e in attesa di passare all'esame del Senato, per il momento non fanno altro che applicare la Costituzione. «Il decreto della collega Di Tullio è ineccepibile dal punto di vista giuridico, è motivato ed è condivisibile: la paziente ha chiesto, insieme al marito, di ottenere un amministratore di sostegno, una persona che potesse impedire ai medici di sottoporla a cure invasive se lei non fosse stata più in grado di opporsi - mette in chiaro il giudice Valeria Castagna a nome del presidente del tribunale, Giovanni Schiavon a gennaio la 48enne, nonostante avesse tentato di opporsi, fu sottoposta a una tracheotomia. E a quel punto la donna e il marito si sono rivolti al giudice. Il risultato?

Un decreto ineccepibile».

Almeno sino a quando non verrà varata la nuova legge sul testamento biologico. Con il rischio, se il testo non dovesse variare rispetto a quello che ha ricevuto il via libera di Montecitorio, di assistere a una stagione di battaglie processuali incentrate sul delicato tema della fine della vita. «Qualora il disegno di legge fosse approvato, il giudice dovrebbe provvedere alla revoca dei poteri nei confronti degli amministratori di sostegno - prevede Raffaele Ferraro, avvocato di Ravasin - così, però, sarebbe possibile impugnare il provvedimento di fronte alla Corte costituzionale anche alla luce di discordanze rispetto a normative europee in materia».

lunedì 8 agosto 2011

Basta cure salvavita", il giudice dice sì

Basta cure salvavita", il giudice dice sì

Caterina Pasolini, La Repubblica, il 04/08/11

Anna vuole essere sicura che non le faranno trasfusioni, che non le bucheranno la gola per farla respirare se non avrà le parole per rifiutare. Non vuole terapie salvavita che prolunghino l'agonia se per lei non ci sarà più speranza. E il giudice tutelare di Treviso le ha dato ragione. Con una sentenza che rilancia la polemica sul testamento biologico, sulla libertà di scelta per cure e nel fine vita.

Trevigiana, 48 anni, testimone di Geova, affetta da una malattia degenerativa, Anna ha lucidamente detto no, una volta ricoverata in fin di vita in ospedale, a sacche di sangue e tracheotomia. Ma per essere sicura che il suo volere sia rispettato in futuro, se sarà priva di coscienza o forse temendo passi la legge sul testamento biologico che considera non vincolanti la volontà del paziente, si è rivolta ad un giudice.

E il giudice di Treviso le ha dato ragione, le ha riconosciuto il diritto di dire in futuro stop ai farmaci salvavita, basandosi sul codice deontologico dei medici e sui principi, accolti anche dalla Cassazione, secondo cui il consenso del paziente rappresenta un presupposto indispensabile per qualsiasi intervento medico. Non solo: ha affidato al marito il ruolo di amministratore di sostegno consentendo di poter sospendere, in caso di un nuovo crollo della donna e di una sua impossibilità a comunicare, le terapie salvavita.

Ancora una volta un cittadino chiede aiuto ai tribunali per garantirsi libertà di scelta. Come Welby, che imprigionato dalla Sla per anni lottò prima di vedersi riconosciuto nelle aule di giustizia il diritto a smettere le cure, ad interrompere la ventilazione forzata e «andarsene da una vita che non ritengo degna di essere vissuta». Come Englaro: più di seimila giorni prima di vedere definitivamente riconosciuta la volontà della figlia Eluana, in stato vegetativo dopo un incidente stradale, di non restare attaccata alle macchine. Sempre con una sentenza.

E, come allora, la sentenza divide, scatena polemiche incrociate tra governo e opposizione, tra diverse concezioni di vita e diritti individuali in un paese spaccato sul fine vita. Diviso sulla legge Calabrò invia di approvazione che non giudica vincolanti le volontà del paziente, né gli consente di rinunciare idratazione e nutrizione nella dichiarazione anticipata di trattamento.

Immediate le reazioni del ministro del Lavoro Maurizio Sacconi e del sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella che denunciano: «attraverso il giudice si vuol introdurre il suicidio assistito e programmato. Mentre la Cgil medici e il senatore Pd Ignazio Marino sono pronti a ribattere che invece «qui c'è solo il rispetto delle volontà anticipate del paziente, ignorate da una legge che criminalizza i medici che rischiano di essere accusati di omicidio se seguono il volere del malato».

Secondo il sottosegretario Eugenia Roccella: «non c'era alcun bisogno del giudice: con la legge di oggi come con quella Calabrò sulle dichiarazioni anticipate, una persona lucida, in grado di intendere e di volere, è assolutamente libera di decidere responsabilmente di sé, ha diritto a rinunciare alle cure, come la donna che morì non volendosi far tagliare la gamba in cancrena. Il problema riguarda un futuro nel quale la persona non sia più vigile».

Ecco, il nodo è proprio questo, ribatte Ignazio Marino, senatore Pd: «Al governo giocano con le parole e la vita altrui: dicono che uno è libero di rinunciare alle cure ma non appena perde conoscenza la sua volontà diventa non vincolante. Una legge assurda». Ed è forse proprio per scavalcare, per aprirsi una via alternativa, nel caso della probabile futura legge, che è stata fatta la richiesta al giudice di Treviso.

Se il testo Calabrò sul fine vita fosse approvato anche alla Camera, il giudice tutelare dovrebbe infatti provvedere alla revoca o modifica dei poteri nei confronti del marito amministratore. Ma, dice il radicale Raffaele Ferraro, «sarebbe possibile impugnare il provvedimento di fronte alla Corte Costituzionale» anche alla luce di discordanze rispetto a normative europee.

venerdì 5 agosto 2011

Biotestamento. Una legge che vale se il paziente è già morto

il Fatto 7.7.11
Biotestamento. Una legge che vale se il paziente è già morto
di Caterina Perniconi

“Paolo, anche se il 90 per cento di quelli seduti qui dentro sono a favore di quest’aborto di legge, il 90 per cento di quelli che stanno fuori è contrario. E tu i sondaggi li hai visti...”. Il dialogo, al centro del Transatlantico di Montecitorio, è tra Benedetto Della Vedova e Paolo Bonaiuti, poco prima dell’ora di pranzo. Ieri infatti la Camera ha discusso e votato i primi articoli del biotestamento. Una legge che dovrebbe stabilire come possiamo morire, approdata alla Camera dei deputati 776 giorni fa e chiusa in cassetto per più di due anni.
Il lavoro del Senato aveva permesso di allargare, rispetto alla proposta iniziale, la possibilità del ricorso al al testamento biologico (Dat) anche ai pazienti considerati terminali. Ma alla Camera rischia di venire vanificato. Perché un emendamento che sarà votato oggi, proposto dal pidiellino Domenico Di Virgilio, relatore di maggioranza del disegno di legge, prevede che la dichiarazione anticipata di trattamento assuma rilievo “nel momento in cui il soggetto si trovi nell’incapacità permanente di comprendere le informazioni circa il trattamento sanitario e le sue conseguenze per accertata assenza di attività cerebrale integrativa cortico-sottocorticale”. Sostanzialmente già morto. “Con il nuovo emendamento la maggioranza ha trovato un trucco per paralizzare la libertà di medici e pazienti – ha dichiarato il senatore del Partito democratico, Ignazio Marino – la norma proposta non solo è praticamente inapplicabile nell’assistenza clinica e nella ordinaria pratica medica ospedaliera e domiciliare, ma rende il lavoro dei medici impossibile. Se invece hanno tentato di riferirsi maldestramente all’assenza di attività elettrica cerebrale (il cosiddetto elettroencefalogramma piatto) allora il messaggio è un altro: si arriva a dire che a una persona morta possono essere sospese le terapie. Bella scoperta”. Duro anche il segretario del Pd: “Vedo che piano piano Cicchitto sta decidendo come devo morire io” ha dichiarato Pier Luigi Bersani, uscendo irritato dall’aula dove si stava discutendo la legge.
Previsto per martedì il voto finale, poi il provvedimento tornerà al Senato per l’approvazione definitiva. Durante i lavori c’è stato il tempo anche per un siparietto tra il democratico Roberto Giachetti e l’ex collega, ora Udc, Paola Binetti: “Lo dico sempre all’onorevole Binetti che presa dall’orgia di votare contro tutto...” ha dichiarato, vittima di un lapsus, l’ex radicale. Alla parola “orgia” la Binetti ha cominciato ad urlare furiosa. Dopo una risata e le scuse, Giachetti si fa serio: “Io sono uno che si farebbe rianimare fino all’ultimo respiro. Ma rispetto chi non la pensa come me e vorrei un paese che rende liberi i cittadini. Qui invece non si può nemmeno più discutere, manca proprio chi ascolta”.

martedì 2 agosto 2011

Biotestamento, blitz della maggioranza "Si applica solo ai malati terminali"

La Repubblica 7.7.11
Biotestamento, blitz della maggioranza "Si applica solo ai malati terminali"
Insorge l'opposizione. Bersani: "Cicchitto decide come devo morire io"
di Caterina Pasolini

La Fp-Cgil Medici scrive a Fazio: "Ci sentiamo criminalizzati da questo ddl"
Il primo articolo approvato dal centrodestra vieta l´eutanasia e l´aiuto al suicidio

ROMA - Il biotestamento torna alla Camera ed è subito polemica. La maggioranza ha infatti presentato un nuovo emendamento ancor più restrittivo, scatenando nuove proteste dall´opposizione in una giornata densa. Che alla fine ha visto il governo portarsi a casa il risultato: approvato (277 a 224) il primo articolo che vieta l´eutanasia e l´aiuto al suicidio, tra l´altro già condannato nel codice penale.
«È una legge truffa, un vero labirinto di divieti, un testo disumano che sottrae alla persona la possibilità di dire cosa sia compatibile con la propria dignità», puntano il dito Idv e Pd con Bersani che sintetizza: «Ora ho capito, Cicchitto sta decidendo come dovrò morire io». Il testo in approvazione infatti prevede che qualunque sia la volontà del malato le sue scelte non sono vincolanti, l´ultima parola spetta al medico, e che comunque non possa praticamente mai rinunciare a idratazione e nutrizione.
Altro che libertà di scelta e di cura, e alleanza tra medico e paziente, l´idea del governo è un´altra, insistono. «Non dobbiamo essere noi a dare o togliere la vita», sottolinea il neosegretario del Pdl Angelino Alfano che plaude al testo in via di approvazione - entro martedì - perché è «un provvedimento che rappresenta la giusta mediazione tra le idee dei laici e dei cattolici». Ecco, questo è il punto dove potrebbe saldarsi l´alleanza con l´Udc voluta dal neosegretario per allargare la maggioranza.
La giornata, che ha visto tra gli altri il medico di Berlusconi Scapagnini reduce da tre mesi di coma dire «voglio essere io a decidere», comincia con la bocciatura a voto segreto di tutti gli emendamenti dell´opposizione. Poi arriva quello presentato dal relatore del ddl, Domenico Di Virgilio (Pdl), su alimentazione e idratazione artificiali. E partono le accuse.
«Limita l´applicazione del testamento biologico solo a malati ultra terminali, con tanto di risonanza magnetica che attesti la mancanza di attività cerebrale. Così la norma si può applicare solo a una categoria esigua di cittadini e resta contraria alla Costituzione», denuncia l´Idv. Sulla stessa linea il senatore del Pd Ignazio Marino che lo definisce «nuovo trucco per paralizzare la libertà di medici e pazienti. Scritto così male che si arriva a dire che ad una persona morta possono essere sospese le terapie. Bella scoperta». Il risultato finale di questa legge «sarà quello di andare contro la costituzione, le leggi e i trattati internazionali. Sarà richiamato nelle aule di giustizia e porterà tante persone ad andare all´estero per l´ultima parte della loro vita», sottolinea Rita Bernardini, dei Radicali.
E preoccupazioni arrivano anche dal fronte medico. «Siamo criminalizzati da questo ddl» affermano Massimo Cozza, segretario nazionale Fp-Cgil Medici, che ha chiesto al ministro Fazio di far sapere se nutrizione idratazione siano o meno cure.

lunedì 1 agosto 2011

gli accordi per ottenere il plauso della Chiesa contano più delle persone

La Repubblica 8.7.11
Mina Welby: gli accordi per ottenere il plauso della Chiesa contano più delle persone
"Raccoglieremo firme per il referendum e da martedì partiranno i primi ricorsi"
di Caterina Pasolini

«Sono inorridita» dice Mina Welby. È lapidaria la moglie di Piergiorgio che per anni ha seguito l´avanzare della malattia che ha trasformato il suo compagno da un uomo pieno di interessi e di passioni nel sognatore imprigionato in un corpo immobile, violato dai tubi per nutrirlo e farlo respirare.
Legge sbagliata?
«Chiedevamo solo di poter scegliere: se continuare a vivere ad ogni costo o smettere le cure e morire in pace. Volevamo la possibilità di lasciar scritte le nostre volontà per quando non avremmo avuto le parole per affermarle. Invece con questa legge ci hanno trattato come merce di scambio: le nostre vite, il nostro diritto sembra valere poco o nulla per questo governo».
Governo disattento?
«Contano più gli accordi per ottenere il plauso della chiesa e nuove maggioranze. E così sulla nostra fine, sui nostri ultimi istanti, ora decideranno altri. Hanno tolto la libertà di scelta a noi, ma anche ai medici sui quali pende il codice penale».
Ora che farete?
«Da martedì come associazione Luca Coscioni andremo in piazza, raccoglieremo firme per un referendum che cancelli questa vergogna, organizzeremo ricorsi. E tutti i cittadini di buona volontà andranno dai notai a lasciare i loro testamento come segno di protesta. Perché questa è una scelta di vita non di morte».
Scelta di vita?
«Sì. Piero poteva muovere solo gli occhi, era nutrito da un sondino nella pancia, respirava con ventilatore automatico. Per lui che amava la vita quella non era più un´esistenza degna di essere vissuta. Io avrei voluto tenerlo accanto a me per sempre. Ma il mio era egoismo, la vita era sua, lui doveva decidere non altri. Così il mio più grande atto d´amore è stato lasciarlo andare».
Come?
«Per ottenere il diritto a staccare il ventilatore, nel dicembre del 2006, ci siamo rivolti ai giudici, ai tribunali, perché chi lo aiutava non venisse accusato di omicidio. Se ci fosse stata una legge sul testamento biologico come esiste negli altri paesi, Piero se ne sarebbe andato prima e con meno sofferenza. Con mio grande dolore, ma nel rispetto della sua volontà».

sabato 30 luglio 2011

I padroni della vita

La Repubblica 8.7.11
I padroni della vita
Dopo 20 anni di dibattiti e altrettante proposte, la Camera sta per approvare una legge sul biotestamento. Contestata dai laici e dai medici
di Maria Novella De Luca

Coscioni: il testo è nato sull´onda del caso Englaro per non lasciare il verdetto ai giudici
Vent´anni di dibattiti, 15 di battaglie parlamentari, più di 20 proposte di legge. E il risultato, in dirittura d´arrivo alla Camera, è una norma che toglie al malato l´ultima libertà di scelta E allontana l´Italia dal resto d´Europa
Melazzini: gli infermi vogliono essere curati, l´unica loro paura è quella di essere abbandonati

Una legge che decide sul come e il quando. Sui confini della vita e della morte. Sul domani di chi si ritrova ad un tratto prigioniero della malattia, della disabilità, del dolore. Del non essere più padrone delle proprie funzioni più semplici. E dunque senza voce, guidato, condotto, imboccato, vestito, portato per mano, in braccio, seppure con amore e rispetto. Legato ad una macchina, ad un respiratore, ad un sondino, ad una carrozzina, ad un letto. La legge sul biotestamento che la Camera approverà (probabilmente) tra feroci polemiche la prossima settimana, racconta tutto questo. Legifera su tutto questo. Ossia sul diritto a vivere o morire di persone incatenate ad una condizione senza speranza. E ci sono voluti vent´anni di dibattiti, 15 di battaglie parlamentari, più di 20 proposte di legge.
Alla fine si è arrivati a un testo che la maggioranza definisce "storico" e l´opposizione e gran parte del mondo scientifico ritiene invece "mostruoso". Perché come ha sintetizzato in una battuta cruda eppure efficace il segretario del Pd Pierluigi Bersani, è questo ciò che dice il legislatore: «Ti libererò dalla tecnica, dalle macchine e dai tubi soltanto quando sarai morto…».
Non c´è spazio né per la scelta né per la libertà del paziente nell´attuale testo sulle "Dichiarazioni anticipate di trattamento", che vieta la sospensione dell´idratazione e della nutrizione ai pazienti anche in stato terminale, prevede che il malato possa indicare soltanto i trattamenti a cui vuole essere sottoposto in caso di perdita di coscienza ma non quelli che rifiuta. Ma soprattutto, ed è l´elemento chiave, restringe la possibilità di utilizzare le "Dichiarazioni anticipate di trattamento" soltanto quando il paziente si trovi nello stato di "morte corticale". «In realtà – spiega Maria Antonietta Coscioni, co-presidente dell´Associazione radicale che prende il nome da suo marito Luca, affetto da sclerosi laterale amiotrofica e morto nel febbraio del 2006, dopo una lunga battaglia per i diritti civili dei malati - questo è un testo deciso due anni fa, nel giorno della morte di Eluana Englaro, il 9 febbraio del 2009, quando il partito pro-life del centro destra ma non solo, decise che i giudici non potevano né dovevano più decidere se fosse legittimo o meno interrompere la nutrizione e l´alimentazione di una persona in stato vegetativo». Come Eluana appunto. Che pure era stata bella e forte e aveva più volte ripetuto che per lei quello "stato" non poteva chiamarsi vita. Ma chi può e deve decidere della nostra vita? Può la politica sancire per legge il diritto a vivere o a morire?
È lunga la storia del dibattito sul Biotestamento in Italia, ha diviso partiti e coscienze, il primo documento del Comitato Nazionale di Bioetica è del 1995, sull´onda di una discussione già attiva da anni in tutta Europa, con alcuni stati come la Danimarca che fin dal 1992 si erano dotate di una legge sul cosiddetto "living will", che dava cioè la possibilità ad alcune categorie di malati terminale di chiedere l´interruzione delle cure e del nutrimento.
«In tutti i pareri del Comitato di Bioetica – racconta il ginecologo Carlo Flamigni, che ne è tuttora membro – pur con un grande lavoro di sintesi tra laici e cattolici restava sempre aperta una porta alla libertà di scelta del paziente. Nel 2003, nel 2005, fino al 2008 quando però le cose sono cambiate, l´influenza del Vaticano si è fatta più forte, ed è passata la tesi che l´alimentazione e l´idratazione fossero non terapia ma cure dovute per alleviare la sofferenza….Tesi confutate da tutte le società scientifiche, eppure anche tra quelle posizioni già restrittive, e il testo che vedo oggi in Parlamento c´è una grande differenza. È come se di fatto si volesse fare una legge per renderla inapplicabile».
Una legge fatta di no dunque, sulla scia della legge 40 sulla fecondazione assistita, e sulla quale già si annuncia non soltanto un referendum, ma anche una valanga di ricorsi dei malati ai tribunali, e di sentenze che potrebbero, esattamente come per la legge 40, smantellarne l´intero impianto. Eppure, come precisa il medico e senatore Ignazio Marino, «il 90% degli italiani in realtà vorrebbero semplicemente poter scegliere». Decidere cioè se «utilizzare ogni tipo di tecnica presente e futura, ogni tipo di trattamento e cura pur in una condizione terminale - dice Marino, che tiene a precisare la sua fede cattolica – oppure poter decidere di interrompere lo stato di sofferenza in cui si trovano. Io so che molti cattolici condividono il mio pensiero, l´obiettivo del legislatore di destra, con una legge che autorizza le dichiarazioni anticipate di trattamento soltanto quando il paziente è praticamente morto, è quello di far fallire la legge sul Biotestamento. Quanti italiani andranno a depositare il loro testamento biologico, rinnovandolo ogni tre anni, sapendo che tanto l´ultima parola è del medico e che la loro voce non conta? Forse – conclude Marino anche lui con una battuta grottesca – forse a questo punto la maggioranza dovrebbe introdurre un emendamento che sancisca per legge il divieto di morire, introducendo magari l´obbligo di cure per i deceduti…».
Eppure, al di fuori della battaglia politica, e con toni pacati, c´è chi questa legge la difende. E la sua voce va ascoltata, perché Mario Melazzini, oncologo famoso e oggi presidente dell´Aisla, l´Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica, la malattia la vive sulla propria pelle. Aveva poco più di 40 anni Mario Melazzini, sposato felicemente e con tre figli, quando nel 2002 gli viene diagnosticata la Sla. Da medico Melazzini diventa paziente, attraversa il dolore, la disperazione, la paura, la sofferenza, la voglia di morire prima di ritrovarsi in carrozzina, del tutto dipendente dall´aiuto degli altri. «Invece ad un certo punto – racconta Melazzini – ho deciso che volevo e potevo convivere con la malattia, che volevo e potevo essere nutrito con un sondino, non la ritengo una violazione del mio corpo, da sempre mi occupo dei malati più gravi, quelli oncologici, nessuno mi ha mai chiesto di aiutarlo ad "andare via". I malati vogliono essere curati, l´unica loro paura è quella di essere abbandonati. Ritengo indispensabile che in Italia ci sia una legge sul fine vita, e ritengo giusto non interrompere l´idratazione e la nutrizione, che sono strumenti di supporto vitale per non inasprire le sofferenze dei malati e non sono certo cure. E difendo anche il ruolo decisionale del medico, che si fa carico del paziente, e di fronte ad alcune scelte può anche dire no… Perché magari dal momento in cui il malato ha scritto le proprie volontà a quando la malattia si manifesta potrebbero essere arrivate nuove terapie, nuovi farmaci che possono aiutare quel paziente non a prolungare la sua sofferenza, ma a stare meglio. E il medico deve agire».
Melazzini ha scelto. Molti altri pazienti non possono scegliere perché da tempo hanno perso il dono della lucidità o perché invece quel loro volere non possono esprimerlo, imprigionati in corpi senza voce e senza più forze. Da mesi in realtà gli stessi medici, e soprattutto i rianimatori, esprimono le loro perplessità su questo testo di legge (inasprito anche rispetto alle altre versioni votate dal centrodestra) al ministro Fazio, di fronte ad un corpus di norme che li rende enormemente responsabili. Racconta un medico anestesista di un famoso nosocomio romano: «Ci sono pazienti che si attaccano anche all´ultimo soffio di vita, altri che invece te lo chiedono con la voce, con gli occhi, con le mani: voglio la pace, voglio andare via…Non sarebbe giusto che potessero scegliere?».

martedì 26 luglio 2011

Biotestamento, norma beffa: è vietato rifiutare le terapie

l’Unità 8.7.11
Biotestamento, norma beffa: è vietato rifiutare le terapie
Votato un emendamento Binetti (Udc) e Barani (Pdl) per il quale si possono indicare solo i trattamenti a cui si vuole essere sottoposti ma non quelli che si rifiutano. Ristretta la platea alle persone in stato vegetativo.
di Jolanda Bufalini

Un testacoda, quelle che dovevano essere “disposizioni anticipate di trattamento” sono diventati divieti. Dice la deputata Pd Donata Lenzi: «Evidentemente si è perso il filo, tanto vale non fare alcun testamento» perché «se si va a ricostruire il testo finale, non si può fare il Dat in caso di coma permanente, le disposizioni valgono solo per l’ultimo stadio, non si possono esprimere opzioni, non si può dire no alla nutrizione forzata, quello che si scrive esprime solo un orientamento, non una volontà». Lenzi (bolognese e cristiano sociale) dà ragione al Fli Della Vedova, per il quale questo testo spalancherà le porte al contenzioso, al ricorso alla magistratura, «la maggioranza sta pensando di abolire l’ultimo articolo, quello che, dopo il comitato etico, prevede la possibilità di rivolgersi al magistrato. Ma è l’ordinamento generale che prevede questa possibilità, non il dat». Un altro testacoda, quindi, se la parlamentare d’opposizione ha ragione, poiché Fabrizio Cicchitto ha rivendicato, anche ieri, quella che definisce «un'operazione legislativa difficilissima, che alla fine riporterà la vicenda fuori dall'ordine dell'intervento di giudici e sentenza». Di più, il testamento biologico riguarda solo chi è in una condizione di «accertata assenza di attività cerebrale integrativa cortico-sottocorticale». Per Eluana Englaro non si sarebbe potuto fare nulla. Ignazio Marino si rassegna all’ironia: «La maggioranza sancisca per legge il divieto di morire». Margherita Miotto, anche lei parlamentare cattolica del Pd «Qui stiamo parlando del diritto di lasciarsi morire e quindi di rinunciare a trattamenti sanitari, questo diritto è precluso dall’emendamento approvato che azzera due anni di lavoro in commissione». E se non bastasse «la validità della Dat inizia nel momento della morte corticale, che non è reversibile».
Sul testo che verrà approvato martedì alla camera ma che dovrà tornare (dopo l’estate) al senato, aleggia un referendum, Antonio Palagiano, relatore di minoranza (Idv): «Questa è una legge contro il testamento biologico, fatta per compiacere qualcuno, ma che va contro la volontà dei cittadini».
Sull’articolo 3, cuore del provvedimento perché affronta la questione di idratazione e nutrizione, si sono pronunciati in Aula Per Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini. Bersani si è rivolto al Parlamento facendo appello, con «il cuore in mano», «alla pietà verso la persona umana» dei parlamentari. Perché con questa legge «la libertà alle persone vere sarà lasciata solo da morti». La risposta di Casini al segretario del Pd è stata aperta nella forma, «nessuno può sottovalutare questo appello», ma ha sottolineato che «molti deputati Pd si sono astenuti o hanno votato con noi». Potrebbe trattarsi di una disponibilità a lavorare e smussare posizioni distanti.

domenica 24 luglio 2011

È vietato morire: la camera approva il biotestamento

il Fatto 13.7.11
È vietato morire: la camera approva il biotestamento
Applicabile solo a pazienti senza attività cerebrale. Pd spaccato
di Caterina Perniconi

Duecentosettantotto voti favorevoli, duecento-quattro contrari. La Camera approva la legge sul biotestamento.
Dopo 782 giorni di discussione, più della metà dei deputati italiani hanno stabilito come devono morire i cittadini. O meglio, come “non possono morire”.
Il biotestamento (o Dat, dichiarazione anticipata di trattamento) sarà infatti valido solo nei pazienti con “accertata assenza di attività cerebrale integrativa cortico-sottocorticale” praticamente, spiega il senatore e medico Ignazio Marino, “questa legge dice che si possono staccare le macchine solo quando il paziente sarà già clinicamente morto. Bella scoperta”.
Nonostante siano trascorsi più di due anni dalla scomparsa di Eluana Englaro, momento nel quale è cominciato il dibattito sulla necessità di una dichiarazione anticipata sulle volontà terapeutiche, il dibattito a Montecitorio si è avvitato sul tema dell’eutanasia. Come se chiedere l’interruzione di nutrizione e alimentazione artificiali - il cosiddetto “sondino di Stato” - sia equiparabile a un’iniezione letale.
Nella sua dichiarazione di voto in Aula anche l’Udc Rocco Buttiglione è stato costretto ad ammettere che ha pensato molte volte “che fosse meglio nessuna legge rispetto a questa legge”. Ma, dopo le volontà espresse pubblicamente dalla Chiesa, in molti hanno premuto il tasto verde turandosi il naso.
Il Partito democratico si è spaccato e ha espresso tre voti diversi: Giuseppe Fioroni, con alcuni dei suoi, ha votato a favore, mentre 13 deputati guidati da Pierluigi Castagnetti hanno preferito non votare perché “non serviva una legge, il fine vita deve rimanere affidato a decisioni sobrie, discrete e particolari, da assumere caso per caso, in circostanze che saranno sempre uniche ed irripetibili, come unico ed irripetibile è il destino di ogni persona umana”. Ma c’è anche chi pensa che legiferare a senso unico su un tema così delicato sia giusto. “La legge sulle Dat approvata alla Camera è un buon testo, saggio ed equilibrato, che rende finalmente obbligatorio il consenso informato permettendo al paziente di scegliere le terapie”, commenta il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella. Di tutt’altro avviso la Libdem Daniela Melchiorre: “Questa legge arriva ad osare quel che nessuno fino ad oggi ha osato in Italia: privare, per piaggeria politica, l’individuo della disponibilità di se stesso, e nelle condizioni più dure e più difficili. Si annienta la volontà del singolo e la sostituisce con quella altrui: quella di questa maggioranza”. Certo è che tra i voti degli emendamenti e quelli degli articoli la maggioranza cambiava al ribasso. E alla fine 7 deputati del Pdl si sono astenuti dal voto finale, a dimostrazione che la decisione non è tutt’altro che condivisa.
Ieri mattina, intanto, in una sala di fronte a Montecitorio, Ignazio Marino ha riunito Mina Welby, moglie di Piergiorgio e Beppino Englaro per commentare, a pochi passi dal luogo dove stava avvenendo la votazione, la norma che il padre di Eluana ha definito “incostituzionale”. E per annunciare la battaglia referendaria che partirà non appena la legge sarà licenziata da entrambi i rami del Parlamento. “Nelle leggi non bisogna scrivere principi etici ma giuridici – ha dichiarato il presidente della commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale – si obbligano le persone, anche coloro che hanno indicato di non volere un tubo nell’intestino, a riceverlo per legge. Inoltre le indicazioni che ognuno lascerà non saranno vincolanti per il medico. Questo è incivile e inaccettabile”. Per Marino una consultazione è necessaria “perché bisogna dare un segno a questa politica che non può più calpestare i diritti delle persone”.
Alla fine della conferenza stampa Beppino Englaro ricorda le parole del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che hanno lasciato dentro la sua famiglia una ferita difficile da rimarginare: “Quella ragazza potrebbe anche avere un figlio”. Il commento è commosso, e arrabbiato: “Lui sapeva, era stato informato dal presidente della Regione Friuli Venezia Giulia delle condizioni di Eluana. Quella frase fu una mancanza di rispetto nei suoi confronti, e in quelli di un padre e di una madre che stavano affrontando un momento difficilissimo. Un vero squallore”. Pensiero simile al giudizio sul testo che tornerà al Senato per il voto finale in autunno. Salvo un cambio di governo.

sabato 23 luglio 2011

Alimentazione artificiale è definita «sostegno vitale» e sottratta alla volontà del paziente

l’Unità 13.7.11
Alimentazione artificiale è definita «sostegno vitale» e sottratta alla volontà del paziente
Non vincolante Testamento solo orientativo. Beppino Englaro: «È incostituzionale»
Passa il biotestamento targato centrodestra Pd: una legge pessima
La Camera ha approvato a larga maggioranza il Ddl sul testamento biologico. Pd: «Una brutta legge che riduce la libertà delle persone». Livia Turco: «C’è uno spirito vendicativo nei confronti del caso Englaro».
di Jolanda Bufalini

Prigionieri di un unico caso, quello di Eluana Englaro. In «spirito di vendetta» carica Livia Turco che accusa, «con questa legge si può dire al massimo ‘mi chiamo Livia Turco e per favore evitate l’accanimento terapeutico’». E c’è l’ossessione di impedire che un giudice possa pronunciarsi. È stato il leit motiv delle argomentazioni del centro-destra, «siamo stati costretti a legiferare sottraendo alla sfera della riservatezza una materia tanto delicata», anche ieri, nell’intervento di Enrico La Loggia. Ma l’obiettivo di evitare l’intervento della magistratura nei casi estremi dell’incerto confine fra la vita e la morte non è stato centrato, ne è convinta Margherita Miotto, capogruppo Pd agli Affari sociali, cattolica: «È una legge che contiene troppi divieti e troppe contraddizioni, apre la strada a lunghi ricorsi alla magistratura», ne è convinto Benedetto Della Vedova, Fli di provenienza radicale: «L’unica cosa scritta in chiaro nel ddl è che non ci debbono essere maggiori oneri. Come legislatori non avremmo dovuto impalcarci nei piani alti in cui si giudica il bene e il male, ma solo indicare alcune procedure». Fuori dall’Aula ne è convinto Peppino Englaro: «Si violano Costituzione e convenzione di Oviedo, ma una legge non può vietare la libertà delle persone».
La discussione in Aula sul testamento biologico parte alle 11 del mattino dall’articolo 3, architrave della legge, che definisce idratazione e nutrizione sostegno vitale e non trattamento sanitario. È la definizione che consente al legislatore di aggirare il diritto sancito dalla Costituzione di sottrarsi ai trattamenti sanitari. C’è di più, la maggioranza approva due emendamenti identici Baretti (Pdl) Binetti (Udc) nei quali si stabilisce che l’alimentazione artificiale si può sospendere solo nei casi di «malati terminali», stravolgendo due anni di lavoro del comitato dei nove. Clinicamente Eluana Englaro non era «terminale». «È un'operazione di sottrazione della libertà delle persone. sostiene Margherita Miotto Non si tratta di sancire il diritto a morire ma il diritto a lasciarsi morire». Un diritto, argomenta il relatore di minoranza Palagiano (Idv) che non può essere tolto a chi è vigile. Ma non basta, nella Dat si esprime un «orientamento» non una «volontà», i pochi interventi di centro-destra (hanno scelto di non parlare troppo per garantire un percorso spedito alla legge) poggiano sull’espressione «tener conto» della Convenzione di Oviedo. Risponde dai banchi dell’opposizione Della Vedova: «È un non senso giuridico, meglio non fare la Dat». Meglio nessuna legge che una cattiva legge, è la posizione che si è fatta strada nei banchi del Pd a cui risponde La Loggia: «Siete voi ad aver avviato l’iter legislativo». Negli atti parlamentari, il testo ormai stravolto ha ancora in calce il nome di Ignazio Marino. E il senatore suscitando malumore nei colleghi della Camera convoca una conferenza stampa quando i lavori sono ancora in corso, insieme a Mina Welby e Peppino Englaro. Marino prospetta il referendum. Quanto alla possibilità di non legiferare: «Non mi sembra accettabile, un’indagine del 2005 ci dice che nelle ultime 72 ore di vita i medici rianimatori applicano la desistenza terapeutica, senza poterla documentare in cartella perché sul piano legale si tratta di omicidio volontario».
Rosy Bindi, nella dichiarazione di voto sull’art. 3, si rivolge all’Udc, alla Lega nord: «Questa non è una legge di ispirazione liberale e cristiana, certo non cristiana perché non fa affidamento sulla libertà della persona».
I distinguo non fanno breccia su una maggioranza ampia, sostenuta dai voti Udc (e alcuni Pd). Viene bocciato un emendamento radicale in cui si chiede di rendere esplicito il divieto dell’accanimento terapeutico. L’articolo 5, modificato in commissione, grazie a un emendamento Pd, sull’assistenza ai malati in stato vegetativo, è privo di copertura finanziaria.

venerdì 22 luglio 2011

Medici e pazienti nella trappola del biotestamento

il Fatto 16.7.11
Medici e pazienti nella trappola del biotestamento
Nessun dottore potrà decidere senza rischi penali
di Chiara Paolin

Roma, caldo torrido anche se il sole è tramontato. La gente esce dal grande ospedale: fine turno per il personale, scaduto l'orario di visita per i parenti. Ma c'è un reparto dove i familiari stanno ancora dentro. Al secondo piano il cartello dice: “13.30-18.30 un familiare, 18.30-22.00 turnazione tra familiari”. Poi verrà la notte, i visitatori usciranno, nelle stanze solo i malati e quelle mogli, quei figli, che dormiranno ancora una volta rannicchiati su una poltrona o una sdraio da spiaggia.
UN SONNO nero, interrotto da passi in corridoio e porte che cigolano, odore di detergente e profumo di caffè. Anche una sigaretta fumata alla finestra, di nascosto, ragionando su quello che si può e non si può più fare quando una persona cara sta male e non ha speranza di guarire. “Aspettiamo. Cerchiamo di capire. Più che altro ci fidiamo dei dottori : se non sanno loro cosa fare, figurati noi”. Lorenza ha un marito malato di cancro, in coma da un mese. “Dicono che può durare giorni, ma anche mesi – dice lei guardando il pavimento -. Dormo qui perché voglio esserci quando muore. Forse è già morto, ma non lo lascio solo finché se ne andrà fuori da questa stanza”.
Se il disegno Calabrò sul biotestamento diventerà legge, Lorenza e suo marito dovranno aspettare a lungo. Perché anche nel caso in cui un malato terminale rifiuti il prolungamento delle cure parlandone direttamente coi medici o depositando una Dichiarazione anticipata di trattamento (Dat), la nuova norma prevede che sia sempre e comunque il medico a prendere la decisione finale, con l'obbligo di somministrare al paziente “idratazione e alimentazione” fino a quando il cuore batte, magari aiutato dalle macchine. Il che vuol dire mesi, anni, distesi in un letto attaccati a fili e flebo. Spiega Davide Mazzon, direttore dell'Unità di rianimazione dell'Ospedale di Belluno: “Finora avevamo come guida i principi della Costituzione e i doveri della professione medica. Non leggi dettagliate, ma validi binari su cui incanalare scelte responsabili e condivise. Adesso invece dobbiamo confrontarci con l'ipotesi peggiore: politici che si mettono a fare gli scienziati, norme che già a una prima lettura sono prive di ogni applicabilità causa totale ignoranza delle questioni tecniche. Per non parlare dell'articolo 32 della Costituzione che garantisce a tutti la libera scelta e il rifiuto delle cure: il Calabrò è un imbroglio per i cittadini e un oltraggio per i medici. Non è possibile fare una legge su un tema tanto importante solo per dire ai cattolici: ecco, abbiamo vietato l'eutanasia. Qui c'è gente che soffre e ha problemi serissimi, giocare sulla pelle delle persone solo per compiacere il Vaticano è inaccettabile”.
In concreto, cosa dovrebbe cambiare? Ancora non è chiaro, le modifiche al testo si sono affastellate fino all'ultimo creando ampie contraddizioni e vuoti incomprensibili. Per ora, solo ipotesi pensando a quello che è già successo. Per esempio, se un medico decidesse di togliere il sondino di alimentazione a una persona nello stato di Eluana Englaro, in base al ddl commetterebbe un reato: l'omicidio colposo, o forse addirittura volontario. Anche se tutto si smonterebbe in fase giudiziaria: il termine alimentazione fa riferimento a sostanze ingerite per bocca, mentre il sondino è in genere applicato all'addome. Oppure: se anziché interrompere idratazione e alimentazione si fermasse la ventilazione meccanica, sarebbe reato o no?
GIUSEPPE Gristina, coordinatore gruppo di studio Bioetica della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva, spera che intelligenza e sensibilità possano sopravvivere al decreto: “Diciamo innanzitutto che la legge verrebbe applicata solo agli stati vegetativi permanenti. Si tratta di circa tremila casi in Italia. Per il resto avremo solo problemi in più: vincoli assurdi da rispettare, reparti dove si opera secondo una certa logica e altri dove invece si va all’opposto, un pasticcio dannoso e inutile”. Col rischio che anche le cure d’urgenza e fine vita diventino ostaggio della medicina difensiva, quella fatta col timore di incorrere in guai e sanzioni. “Di fatto questa legge non cambierà molto le cose” prevede Rita Formisano, responsabile della Sezione post-coma della Fondazione Santa Lucia, struttura romana a rischio chiusura per i tagli alla sanità. “Si parla tanto di etica e filosofia mentre centri come i nostri devono lottare per esistere. E' giusto pensare al fine vita, ma occupiamoci anche di chi vuol essere assistito in maniera dignitosa nella fase acuta e soprattutto in quella cronica della malattia, quando malati e famiglie sono abbandonate a se stessi. Ecco un tema serio: dove troviamo le risorse per sostenere questi pazienti, che sono sempre di più?''.
Al reparto oncologia dell'ospedale immerso nell'afa dopo la notte umida i letti sono tutti occupati. Una ragazza giovane, bionda, scheletrica, sta distesa sopra le lenzuola. Accanto un uomo le parla piano. Ci vorrà tempo.

martedì 7 giugno 2011

Fine vita, volontà del paziente. Quel che insegna la via inglese

Corriere della Sera 2.6.11
Fine vita, volontà del paziente. Quel che insegna la via inglese
Adriana Bazzi

È una soluzione pratica a un problema reale e l’ha decisa, senza tentennamenti di tipo etico, il Royal College of General Practitioner (GP) d’accordo con il Royal College of Nursing, che riunisce gli infermieri: da qui in avanti, i medici di famiglia inglesi chiederanno ai pazienti, malati terminali, di mettere per iscritto le loro volontà di fine vita. Il primo obiettivo è quello di offrire il meglio delle terapie, nel rispetto della volontà del malato e senza venir meno al Giuramento di Ippocrate. Il secondo, quello di rispondere a una serie di critiche, piovute sui sanitari inglesi, accusati di non rispettare i desideri dei pazienti e di non prestare cure adeguate (di solito per difetto, non per eccesso) soprattutto ai malati di cancro. Non solo, la proposta sembra andare nella direzione prevista dal piano di riforma sanitaria del governo conservatore di David Cameron, attualmente in discussione: il piano prevede di affidare la gestione del sistema sanitario (prima modello di efficienza nel mondo, ora pieno di falle) ai medici di medicina generale e ai cittadini, oltre che di stimolare la competitività fra gli ospedali e sviluppare la medicina del territorio. Gli inglesi, dunque, hanno anteposto la soluzione pratica al dibattito etico (anche se qualcuno ha parlato di «apertura» verso l’eutanasia: in realtà, però, la «carta» dei GP inglesi si riferisce a malati terminali e non, per esempio, a persone in stato vegetativo o in coma). E sono stati i medici stessi a prendere la decisione. Da noi, una simile idea incontrerebbe ostacoli a non finire, già all’interno della stessa classe medica (che dà prova di ricorrere spesso all’obiezione di coscienza, per convinzioni ideologiche, morali o religiose, di fronte a certi atti medici previsti dalla legge). E susciterebbe soltanto una discussione etico politico-religiosa. La prova è che la discussione, in Parlamento, della legge sul fine vita, è «slittata» ancora una volta, agli ultimi giorni del mese.

giovedì 2 giugno 2011

In Gran Bretagna l’eutanasia gestita dai medici di base. I pazienti chiederanno come morire

Corriere della Sera 2.6.11
In Gran Bretagna l’eutanasia gestita dai medici di base. I pazienti chiederanno come morire
Fabio Cavalera

Il caso della mamma Kay Gilderdale fece scalpore. Lasciata sola nel decidere se la figlia trentenne Lynn, immobile nel letto per l’astenia ma lucida nell’intelletto, avesse il diritto di scegliere fra una vita di sofferenza o la morte consapevolmente voluta, affrontò il dramma con un atto d’amore. Lynn le chiese di aiutarla a chiudere gli occhi per sempre e lei, Kay, collaborò iniettandole un cocktail di medicine e siringandole aria per provocare l’embolia fatale. Fu accusata di omicidio e rischiò la prigione. Ma l’Alta Corte la perdonò. Il giudice Bean, accogliendo le indicazioni dei rappresentanti popolari, dichiarò che l’assoluzione si era ispirata al «buon senso e all’umanità» . Questione delicata, profonda, terribile, mai risolta: come comportarsi con i pazienti che non hanno speranza di superare l’infermità clinica? Il Royal College dei General Practitioner, l’ordine che raccoglie i medici di base inglesi, e l’ente che raggruppa il personale di assistenza paramedico dicono la loro con un documento di linee guida per il trattamento dei malati terminali. In assenza di una giurisprudenza consolidata e di leggi chiare emerge la necessità di colmare il vuoto. E la «Carta» , che sarà un codice deontologico, va in questa direzione. Lo scopo è di fare emergere, per quanto possibile, nella situazioni non definitivamente compromesse, la volontà di chi è a fine vita. Domande difficili da porre, domande tristi ma forse inevitabili: vuole morire? Come? Vuole che le cure proseguano? È questa la strada che dovranno percorrere i medici di famiglia inglesi. Certificare qual è la scelta dell’essere umano che non ha più speranza di tornare indietro, in modo da non lasciare ombre, dubbi, sospetti sui parenti e sugli amici, sollevandoli, finché vi è possibilità ragionevole, dal peso di una condivisione di morte che non ha coperture giuridiche e in modo da tutelare gli stessi operatori sanitari. Ci sarà un archivio elettronico che gestirà la documentazione in totale segretezza e che conterrà la prova certa di ciò che il malato terminale desidera, la sua volontà farà testo. L’intento è quello di ottenere, nelle situazioni in cui appare ragionevole, un pronunciamento e di garantire che tutto sarà fatto per andare incontro alle richieste del paziente ormai certo che ogni medicina e ogni intervento siano inutili. Si tratta di una «legalizzazione» dell’eutanasia e del suicidio assistito? Il Royal College assicura di no. Il suo presidente, la dottoressa Clare Gerade spiega che «è una protezione sia per i medici sia per le famiglie da esibire ai magistrati quando mancano evidenze certe» . La Carta deontologica pare venire incontro alla «provocatoria» uscita dello scrittore Terry Pratchett, colpito da atrofia corticale posteriore, che nel corso di una trasmissione alla Bbc, invocò l’istituzione di «un tribunale dell’eutanasia» . Disse che «se una persona, senza possibilità di recupero, vuole morire deve potere andare davanti a una corte e presentare il suo caso » . Una posizione che raccolse parecchi consensi. Ora, il malato terminale avrà il diritto di confessarsi con il suo medico di fiducia. E i sondaggi rilevano che 7 britannici su 10 condividono.

domenica 8 maggio 2011

Eutanasia una battaglia di lunga durata

Eutanasia una battaglia di lunga durata

Carlo Troilo
L'Unità, 21/03/2011

Da anni combatto una battaglia per la legalizzazione della eutanasia. Molti familiari e amici mi dicono che è una battaglia senza speranza. E tra i pessimisti ci sono anche diversi giovani. Per questo voglio dedicare a loro un breve ragionamento e un piccolo ripasso di storia patria. Il codice penale non prevede un reato di eutanasia ma un reato di suicidio assistito, per il quale l'articolo 579 commina pene fino a 12 anni.

Ma il "codice Rocco", dal nome del suo autore - è stato varato nel 1930, ottanta anni fa ed in pieno regime fascista. Non a caso, con il mutare del comune sentire, numerosissimi articoli sono stati aboliti, sull'onda di "scandali" e di battaglie politiche e civili durate spesso decenni, perché "l'erba cattiva non muore mai", o è molto dura a morire. Ricordo, per dar coraggio ai giovani ma anche a noi stessi, vecchi combattenti, i casi emblematici di tre articoli del codice penale.

Il primo riguarda l'articolo 560, il reato di "concubinato". Nel 1958 il vescovo di Prato Pietro Fiordelli, pronunciando la sua omelia nel Duomo della città, definì "pubblici peccatori e concubini" due giovani il cui peccato era quello di aver contratto matrimonio civile. I due querelarono monsignor Fiordelli, che fu condannato solo ad una piccola ammenda finanziaria. Il che non impedì al Vaticano di ordinare a tutte le chiese italiane di suonare le campane a lutto. I due giovani furono isolati dalla comunità e videro il loro negozio, prima fiorente, sulle soglie del fallimento. Solo nel 1969, oltre dieci anni dopo, l'articolo 560 fu abolito. Il secondo è il "delitto d'onore", previsto dall'articolo 587. In questo caso, la prima condanna della opinione pubblica nacque non da una semi-tragedia ma da una commedia, il bellissimo film di Germi "Divorzio all'italiana". Il film, di cui tutti conoscono la trama, è del 1961. L'articolo 587 fu abolito, anche in questo caso dopo memorabili lotte, esattamente venti anni dopo, nel 1981.

Il terzo caso è quello del "matrimonio riparatore". L'articolo 544 prevedeva che le pene previste per la violenza carnale esercitate su una donna fossero condonate se lo stupratore era disposto a "rimediare" con il matrimonio. In questo caso la vicenda che aprì gli occhi agli italiani fu quella di Franca Viola, una ragazza di Alcamo che nel 1966 fu rapita, violentata e segregata per otto giorni da un da un bossetto locale, Filippo Melodia. Franca rifiutò il matrimonio riparatore e Melodia fu condannato a 11 anni di carcere. Franca, negli anni successivi, fu isolata dai suoi compaesani e trattata come una prostituta, fin quando decise di emigrare all'estero. L'articolo 544 fu abolito nel 1981, 15 anni dopo la vicenda. Dunque, vincere le battaglie difficili richiede tempo e impegno. Soprattutto, richiede di crederci. Ma si può fare.

martedì 3 maggio 2011

Testamento biologico

l’Unità 26.4.11
Testamento biologico
I furbetti delle parole: giocare con i termini per negare nuovi diritti
Eterologo, infertilità, embrione: sono tante le espressioni scientifiche usate a sproposito nella discussione bioetica. Così come idratare un morente non equivale a somministrare acqua e cibo. Ora che si torna a parlare di biotestamento prepariamoci ad altri strafalcioni. Voluti
Carlo Flamigni

C’è chi afferma (scherzando?) che la bioetica, con le mosche e i professori universitari, è una prova indiretta dell’inesistenza di Dio, un ente supremo che non potrebbe perdere il suo tempo nella creazione di cose, persone ed enti inutili. La cosa non mi convince per niente: in realtà la bioetica (che è, tra le altre cose, un contenitore dei diritti e delle libertà dei cittadini) è utilissima a chi vuole legiferare, almeno nel nostro Paese, tenendo conto unicamente della visione etica del mondo che ci viene ammannita dalla Chiesa Cattolica, in spregio alla laicità dello Stato e ad altre simili sciocchezze. Come i nostri parlamentari la maggior parte dei quali non crede nemmeno nel radicchio vengano ripagati per questo vergognoso comportamento lo sappiamo tutti, la sopravvivenza della Chiesa cattolica nel nostro Paese è almeno in parte legata alla possibilità di gestire un notevole numero di voti e di poter garantire cose di non poco conto come la supremazia e il potere politico. Deve trattarsi di un patto realmente scellerato, visto il supporto che eminenti esponenti vaticani hanno recentemente fornito alle case di tolleranza private. Per poter garantire questo contributo la Bioetica ha dovuto piegarsi a qualche disonesto compromesso ed è stata così brava che nessuno se ne è accorto.
Prima di tutto ha scelto di essere “normativa”, tradendo così la sua fondamentale natura, che è quella di essere “descrittiva”. Pensate per un momento (di più non è conveniente) al Comitato Nazionale di Bioetica e ai suoi documenti: secondo logica e buon senso dovrebbe esaminare i problemi etici proposti dalla ricerca scientifica in campo biologico e dalla medicina per chiarirli a tutti (cittadini e parlamentari) e per consentire alla politica di proporre mediazioni rispettose di tutte le posizioni morali compatibili con i principi e i diritti di un Paese laico e democratico, come fanno tutti i Paesi civili; invece si esprime a maggioranza (sempre, rigorosamente cattolica) e toglie le castagne dal fuoco ai nostri legislatori indicando a tutti, come unica soluzione dei problemi, la via più gradita oltre Tevere. Naturalmente deve ricorrere, per poter mentire senza essere contraddetta, ad una sorta di antilingua, che si sovrappone alla terminologia medica e scientifica e la sostituisce, un’operazione che mi sembra opportuno spiegare.
Biologia e medicina, almeno per gran parte delle loro attività e conoscenze, sono discipline empiriche, non hanno niente a che fare con le cosiddette “verità scientifiche”. La medicina, dal canto suo, vive soprattutto di consensi, cioè dei pareri formulati dai suoi esperti, ai quali è affidata anche la facoltà di formulare le definizioni. I consensi sono verità parziali e temporanee, spesso destinate ad essere sostituite in tempi brevi, ma finche esistono sono la nostra unica verità, chi non l’accetta sceglie di vivere in un mondo strampalato e vagamente disonesto. Solo alcuni esempi, per chiarire meglio questo concetto.
Eterologo in biologia significa «frutto della relazione tra soggetti di due specie diverse».
Se io avessi un rapporto imprudente con una ornitorinca, il termine sarebbe appropriato; applicato a donazioni tra soggetti appartenenti alla stessa specie, no. Perché forzare il significato del termine? Semplice, per sovrapporre al concetto di donazione di gameti un elemento bestiale; poi, l’esemplare ignoranza dei nostri parlamentari fa il resto.
Ancora: Infertilità non significa sterilità ma incapacità di produrre una progenie sana e capace di sopravvivere. La parola è stata artatamente inserita nella legge 40 per creare confusione. La gravidanza inizia quando è terminato l’impianto dell’embrione (definizione dell’Oms). Il termine embrione non significa niente, va precisato, altrimenti non si capisce se il riferimento riguarda oociti attivati o penetrati, ootidi, zigoti, morule, blastocisti, gastrule e così via. La pillola del giorno dopo non è “abortigena”, lo sappiamo con certezza da almeno due anni, cioè da quando il Karolinska Institutet di Stoccolma ha dimostrato, con una sperimentazione diretta, che il levonorgestrel non impedisce gli impianti in utero. Ne consegue che non c’è più spazio per futili argomentazioni per giustificare il “principio di precauzione”, ma malgrado ciò i farmacisti chiedono di poter fare obiezione di coscienza, e presto la stessa richiesta verrà dagli ortolani, che sono costretti a vendere il prezzemolo (da cui si ottiene l’apiolo, questo veramente abortigeno).
Ma, mi chiederete, non accade mai che differenti gruppi di studiosi, che magari si sono riuniti ad insaputa gli uni degli altri, abbiano partorito “consensi” contrastanti tra loro? Ebbene sì, anche se molto raramente: ma in questi casi le differenze vengono messe a confronto e analizzate e non si usa più il termine consenso fino a che il problema è stato chiarito. E comunque, alla resa dei conti, il parere che conta è sempre quello dell’Autorità di grado più elevato che è stata chiamata in causa, quasi sempre l’Oms, altrettanto spesso le Società scientifiche competenti.
E veniamo ai problemi della fine della vita e del testamento biologico,oggi particolarmente importanti per via della vergognosa proposta di legge che il Parlamento intende approvare in tempi brevi. Sappiamo tutti che la nostra Costituzione ci consente di rifiutare le cure e che questo rifiuto non può essere disatteso. Cosa si inventa allora il Magistero cattolico per scipparci anche questo diritto? Sceglie una nuova e personale definizione e dichiara che il cosiddetto sostentamento ordinario di base, la nutrizione e l’alimentazione artificiali, non rappresentano né un atto medico né un possibile accanimento terapeutico, e che interromperle configura, da un punto di vista umano e simbolico, un crudele atto di abbandono del malato, illecito sia moralmente che giuridicamente. È chiaro che se accettassimo questa “originale” definizione, l’alimentazione artificiale non potrebbe far parte delle “cure” che la Costituzione ci consente di rifiutare e dovremmo accettare la possibilità che qualche tipo di “sollecitudine affettuosa” venisse ad inquinare la nostra povera dignità di morenti.
Poiché non sono mai stato molto impressionato dalla competenza scientifica dei teologi (non molto superiore a quella dei parlamentari) sono andato a cercare la definizione che ha dato, del “sostentamento ordinario” la Società italiana di nutrizione artificiale. Eccola: «La miscela nutrizionale è da ritenere un preparato farmaceutico che deve essere richiesto con una ricetta medica e deve essere considerato una preparazione galenica magistrale... Si tratta comunque di un trattamento medico a tutti gli effetti che prevede il consenso informato del malato o del suo rappresentante e che deve essere considerato un trattamento sostitutivo vicariante». Potete andare tranquillamente a cercare nei documenti delle Società scientifiche degli altri Paesi europei, la definizione è sempre la stessa. Non si tratta dunque di “cibo e acqua”, come scrivono i bioeticisti cattolici e idratare un morente non equivale a «procurare acqua e cibo alle persone che non sono in grado di procurarselo in modo autonomo». Questo linguaggio così evocativo e emotivamente coinvolgente del quale molti documenti cattolici sono intessuti è finalizzato a sostenere la tesi del forte significato umano, simbolico e sociale di sollecitudine per l’altro rivestito dalla somministrazione artificiale di “pane e acqua”. Mi dicono che si tratta di concezioni etiche che sono divenute parte della coscienza giuridica complessiva, capisaldi pregiuridici che non possono essere ignorati dal legislatore laico. A mio avviso è un tentativo di giustificare l’ennesima scelta di uno stato “laico” di privilegiare principi sostenuti da una specifica fede religiosa. Insomma, mentre io mi batto per il “diritto di avere diritti”, c’è chi si impegna perché su questo diritto io non possa contare, nemmeno in punto di morte.

giovedì 28 aprile 2011

Testamento biologico. Quest’Italia così lontana dall’Europa

l’Unità 27.4.11
Testamento biologico. Quest’Italia così lontana dall’Europa
Carlo Troilo

Da domani al 29 aprile effettuerò un nuovo «digiuno di dialogo» con i deputati perché votino contro la legge sul testamento biologico. Oltre a ricordare loro la palese incostituzionalità della legge, vorrei richiamare l’attenzione su un grave pericolo. In queste settimane tutti hanno criticato – giustamente l’egoismo dell’Europa dinanzi al dramma dei migranti. Ma pochi si sono chiesti per quali ragioni (oltre a Berlusconi, che è già un ottimo motivo) i Paesi europei comparabili con il nostro ci guardano con sospetto. Questo avviene perché sulla laicità dello Stato e sui temi dei diritti civili l’Europa ci
avverte come diversi e lontani. Ebbene, questa legge, se approvata, ci renderebbe ancora più «diversi»: il solo Paese che non ha norme moderne sulle scelte di fine vita; che non riconosce alcun diritto alle unioni di fatto (danneggiando così soprattutto le coppie gay); in cui una legge incostituzionale sulla procreazione assistita costringe le coppie più abbienti a cercare all’estero una maternità sicura; dove la nostra valida legge sull’aborto viene sabotata da una stragrande maggioranza di ginecologi «obiettori di coscienza»; dove le carceri sono un luogo di morte; dove non si trovano mai i fondi per assicurare a decine di migliaia di malati terminali le necessarie cure palliative o per alleviare le pene di tre milioni di disabili.
Ma vi è un’altra differenza abissale con i Paesi europei comparabili, dove le Chiese non si intromettono nel processo legislativo. Da noi, nel 150 ̊ anniversario della Unità d’Italia, dobbiamo constatare che la «questione romana» si è riaperta ma rovesciata rispetto ai tempi di Porta Pia. Il Vaticano non è pago degli scandalosi privilegi finanziari concessi dallo Stato: duemila miliardi, cinque volte gli stanziamenti in favore di tutti i nostri Beni Culturali. Vuole dettare legge, ieri sulla procreazione assistita, oggi sul testamento biologico. Pochi esempi. Wojtyla minacciava di scomunicare i farmacisti che vendevano la «pillola del giorno dopo»; Ratzinger è arrivato a dire che spesso sono i ginecologi che spingono le donne ad abortire. Cardinali e Vescovi hanno definito «assassini» i medici che hanno aiutato Pier Giorgio Welby ed Eluana Englaro a trovare finalmente una «morte opportuna». Per Welby la vendetta è stata il rifiuto dei funerali religiosi, concesso negli stessi giorni a Pinochet. Per Eluana la vendetta è la legge Calabrò, che impedirebbe ai giudici di emanare sentenze umane e renderebbe obbligatorio il «sondino di Stato».
Recentemente un giornalista dell’Avvenire ha contestato le mie cifre (che ho verificato ai massimi livelli dell’Istat) secondo cui ogni anno 1.000 malati terminali si suicidano perché non possono ottenere l’eutanasia. Sono molti di meno, ha scritto , ipotizzando che siano poco più di 300. Cari teodem: 300 suicidi vi sembrano pochi? Non bastano per risvegliare in voi quello che a noi non credenti appare come il più nobile valore del cristiamesimo, la pietà?

domenica 24 aprile 2011

La Volontà è mia e la legge sul testamento biologico la riscrivo io!

ricevo e volentieri pubblico:
Ti invito ad essere protagonista del processo legislativo formulando tu stesso gli emendamenti alla proposta di legge contro il testamento biologico in discussione alla Camera. (gli emendamenti li puoi scrivere nello spazio commenti di questa pagina http://www.lucacoscioni.it/testamento-biologico-iniziativa-parlamentare )
Tra pochi giorni la proposta di legge sul testamento biologico sarà discussa in parlamento.
Dopo un ulteriore peggioramento del testo da parte del relatore in Commissione Affari Sociali,  la Camera si appresta ad approvare definitivamente la c.d. legge “Calabrò”. Questa legge, se approvata, finirà con l’essere la pietra tombale della libertà e dell’autodeterminazione del cittadino. L’intenzione della maggioranza di governo è procedere a tappe forzate all’approvazione del testo. Per cercare di rallentare il più possibile l’iter legislativo – facendo crescere la resistenza nel paese – ti chiedo essere protagonista del processo legislativo formulando tu stesso gli emendamenti che cercherò di proporre in aula insieme  a tutti i deputati radicali.
Come fare?
Qui di seguito troverai il testo della proposta di legge. Una volta individuato l’articolo o il comma che si desidera emendare è sufficiente scrivere in questa sezione la tua proposta di emendamento. 
Come si fa un emendamento?
È molto semplice: come intestazione si inserisce il riferimento all’articolo, parte di articolo o comma che si intende eliminare o sostituire e poi riportare di seguito il testo che si intende proporre. 
Ecco un esempio:
Voglio emendare l’articolo l’Art. 1 lettera d) che recita: d) impone l'obbligo al medico di informare il paziente sui trattamenti sanitari più appropriati, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 2, comma 4, e sul divieto di qualunque forma di eutanasia, riconoscendo come prioritaria l'alleanza terapeutica tra il medico e il paziente, che acquista peculiare valore proprio nella fase di fine vita;?
Scriverò:
Al comma 1, lettera d), sopprimere le parole: “e sul divieto di qualunque forma di eutanasia riconoscendo come prioritaria l'alleanza terapeutica tra il medico e il paziente, che acquista peculiare valore proprio nella fase di fine vita”
Oltre alla soppressione di parole, periodi, commi e articoli, si puà aggiungere e sostituire nel corpo dell’articolato, citando la parte su cui si interviciene (Articolo, comma, lettera, rigo… e poi scrivere “è sostituito, aggiunto, riformulato etc.etc.)
Onde evitare che gli emendamenti non vengano ammessi e per renderli più comprensibili consigliamo, di farli sostitutivi dell’intero comma e articolo (riscrivendo l’intero testo e non aggiungendo le singole parole). 
Importante: Gli emendamenti che vogliamo proporre non sono meramente ostruzionistici è necessario che siano dotati di senso compiuto e che una loro eventuale approvazione comporti un miglioramento al testo legislativo. Gli emendamenti particolarmente complessi e meglio che siano accompagnati da una breve nota esplicativa.
Entro quando suggerire gli emendamenti?
ENTRO LE ORE 20.00 DI LUNEDÌ 25 APRILE
Inserisci tutti gli emendamenti che riuscirai a formulare da subito in questa pagina 
Abbiamo solo pochi giorni coinvolgi tutte le persone che conosci, fai passaparola!!
Ti ringrazio per quanto riuscirai a fare, 

Maria Antonietta Farina Coscioni
Copresidente Associazione Luca Coscioni



Ps. Ti ricordo che  un modo concreto per difendere il tuo diritto a decidere del tuo corpo è anche devolvere   il tuo 5x1000 all'Associazione Luca Coscioni scrivendo il codice 97283890586 nel riquadro "Sostegno del volontariato e delle altre associazioni non lucrative ..."Per saperne di più: http://5xmille.lucacoscioni.it/
Qui di seguito: Il testo che sarà discusso dall’AULA su cui formulare gli emendamenti

TESTO
Per l’esame in Assemblea della Camera
Art. 1.
(Tutela della vita e della salute).
1. La presente legge, tenendo conto dei princìpi di cui agli articoli 2, 3, 13 e 32 della Costituzione:
    a) riconosce e tutela la vita umana, quale diritto inviolabile ed indisponibile, garantito anche nella fase terminale dell'esistenza e nell'ipotesi in cui la persona non sia più in grado di intendere e di volere, fino alla morte accertata nei modi di legge;
    b) riconosce e garantisce la dignità di ogni persona in via prioritaria rispetto all'interesse della società e alle applicazioni della tecnologia e della scienza;
    c) vieta ai sensi degli articoli 575, 579 e 580 del codice penale ogni forma di eutanasia e ogni forma di assistenza o di aiuto al suicidio, considerando l'attività medica e quella di assistenza alle persone esclusivamente finalizzate alla tutela della vita e della salute nonché all'alleviamento della sofferenza;
    d) impone l'obbligo al medico di informare il paziente sui trattamenti sanitari più appropriati, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 2, comma 4, e sul divieto di qualunque forma di eutanasia, riconoscendo come prioritaria l'alleanza terapeutica tra il medico e il paziente, che acquista peculiare valore proprio nella fase di fine vita;
    e) riconosce che nessun trattamento sanitario può essere attivato a prescindere dall'espressione del consenso informato nei termini di cui all'articolo 2, fermo il principio per cui la salute deve essere tutelata come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, se non per
disposizione di legge e con i limiti imposti dal rispetto della persona umana;
    f) garantisce che in casi di pazienti in stato di fine vita o in condizioni di morte prevista come imminente, il medico debba astenersi da trattamenti straordinari non proporzionati, non efficaci o non tecnicamente adeguati rispetto alle condizioni cliniche del paziente o agli obiettivi di cura.
2. La presente legge garantisce, nell'ambito degli interventi già previsti a legislazione vigente, politiche sociali ed economiche volte alla presa in carico del paziente, in particolare dei soggetti incapaci di intendere e di volere, siano essi cittadini italiani, stranieri o apolidi, e della loro famiglia.
3. I pazienti terminali o in condizioni di morte prevista come imminente hanno diritto a essere assistiti attraverso una adeguata terapia contro il dolore secondo quanto previsto dai protocolli delle cure palliative, ai sensi della normativa vigente in materia.

Art. 2.
(Consenso informato).
1. Salvo i casi previsti dalla legge, ogni trattamento sanitario è attivato previo consenso informato esplicito ed attuale del paziente prestato in modo libero e consapevole.
2. L'espressione del consenso informato è preceduta da corrette informazioni rese dal medico curante al paziente in maniera comprensibile circa diagnosi, prognosi, scopo e natura del trattamento sanitario proposto, benefìci e rischi prospettabili, eventuali effetti collaterali nonché circa le possibili alternative e le conseguenze del rifiuto del trattamento.
3. L'alleanza terapeutica costituitasi all'interno della relazione fra medico e paziente ai sensi del comma 2 si esplicita in un documento di consenso informato, firmato dal paziente, che diventa parte integrante della cartella clinica.
4. È fatto salvo il diritto del paziente di rifiutare in tutto o in parte le informazioni che gli competono. Il rifiuto può intervenire in qualunque momento e deve essere esplicitato in un documento sottoscritto dal soggetto interessato che diventa parte integrante della cartella clinica.
5. Il consenso informato al trattamento sanitario può essere sempre revocato, anche parzialmente. Tale revoca deve essere annotata nella cartella clinica.
6. In caso di soggetto interdetto, il consenso informato è prestato dal tutore che sottoscrive il documento. In caso di soggetto inabilitato o di minore emancipato, il consenso informato è prestato congiuntamente dal soggetto interessato e dal curatore. Qualora sia stato nominato un amministratore di sostegno e il decreto di nomina preveda l'assistenza o la rappresentanza in ordine alle situazioni di carattere sanitario, il consenso informato è prestato anche dall'amministratore di sostegno ovvero solo dall'amministratore. La decisione di tali soggetti riguarda anche quanto consentito dall'articolo 3 ed è adottata avendo come scopo esclusivo la salvaguardia della salute e della vita del soggetto incapace.
7. Il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la potestà parentale o la tutela dopo avere attentamente ascoltato i desideri e le richieste del minore. La decisione di tali soggetti riguarda quanto consentito anche dall'articolo 3 ed è adottata avendo come scopo esclusivo la salvaguardia della salute psico-fisica del minore.
8. Per tutti i soggetti minori, interdetti, inabilitati o altrimenti incapaci il personale sanitario è comunque tenuto, in assenza di una dichiarazione anticipata di trattamento, a operare avendo sempre come scopo esclusivo la salvaguardia della salute del paziente.
9. Il consenso informato al trattamento sanitario non è richiesto quando la vita della persona incapace di intendere o di volere sia in pericolo per il verificarsi di una grave complicanza o di un evento acuto.
Art. 3.
(Contenuti e limiti della dichiarazione anticipata di trattamento).

1. Nella dichiarazione anticipata di trattamento il dichiarante esprime il proprio orientamento in merito ai trattamenti sanitari in previsione di un'eventuale futura perdita della propria capacità di intendere e di volere. Nel caso in cui il paziente abbia sottoscritto una dichiarazione anticipata di trattamento, è esclusa la possibilità per qualsiasi persona terza, ad esclusione dell'eventuale fiduciario, di provvedere alle funzioni di cui all'articolo 6.
2. Nella dichiarazione anticipata di trattamento il soggetto, in stato di piena capacità di intendere e di volere e in situazione di compiuta informazione medico-clinica, dichiara il proprio orientamento circa l'attivazione o non attivazione di trattamenti sanitari, purché in conformità a quanto prescritto dalla legge e dal codice di deontologia medica.
3. Nella dichiarazione anticipata di trattamento può anche essere esplicitata la rinuncia da parte del soggetto ad ogni o ad alcune forme particolari di trattamenti sanitari in quanto di carattere sproporzionato o sperimentale.
4. Nella dichiarazione anticipata di trattamento il soggetto non può inserire indicazioni che integrino le fattispecie di cui agli articoli 575, 579 e 580 del codice penale.

5. Anche nel rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, alimentazione e idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, devono essere mantenute fino al termine della vita, ad eccezione del caso in cui le medesime risultino non più efficaci nel fornire al paziente i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo. Esse non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento.

6. La dichiarazione anticipata di trattamento assume rilievo nel momento in cui è  accertato che il soggetto si trovi nell'incapacità permanente di comprendere le informazioni circa il trattamento sanitario e le sue conseguenze e, per questo motivo, non può assumere decisioni che lo riguardano. La valutazione dello stato clinico del soggetto è formulata da un collegio medico formato, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, da un anestesista-rianimatore, da un neurologo, dal medico curante e dal medico specialista nella patologia da cui è affetto il paziente.

Art. 4.
(Forma e durata della dichiarazione anticipata di trattamento).
1. Le dichiarazioni anticipate di trattamento non sono obbligatorie, sono redatte in forma scritta con atto avente data certa e firma del soggetto interessato maggiorenne, in piena capacità di intendere e di volere dopo una compiuta e puntuale informazione medico-clinica, e sono raccolte esclusivamente dal medico di medicina generale che contestualmente le sottoscrive.
2. Le dichiarazioni anticipate di trattamento, manoscritte o dattiloscritte, devono essere adottate in piena libertà e consapevolezza, nonché sottoscritte con firma autografa. Eventuali dichiarazioni di intenti o orientamenti espressi dal soggetto al di fuori delle forme e dei modi previsti dalla presente legge non hanno valore e non possono essere utilizzati ai fini della ricostruzione della volontà del soggetto.
3. Salvo che il soggetto sia divenuto incapace, la dichiarazione anticipata di trattamento ha validità per cinque anni, che decorrono dalla redazione dell'atto ai sensi del comma 1, termine oltre il quale perde ogni efficacia. La dichiarazione anticipata di trattamento può essere rinnovata più volte, con la forma e le modalità prescritte dai commi 1 e 2.
4. La dichiarazione anticipata di trattamento può essere revocata o modificata in ogni momento dal soggetto interessato. La revoca, anche parziale, della dichiarazione deve essere sottoscritta dal soggetto interessato.
5. La dichiarazione anticipata di trattamento deve essere inserita nella cartella clinica dal momento in cui assume rilievo dal punto di vista clinico.
6. In condizioni di urgenza o quando il soggetto versa in pericolo di vita immediato, la dichiarazione anticipata di trattamento non si applica.

Art. 5.
(Assistenza ai soggetti in stato vegetativo).

1. Al fine di garantire e assicurare l'equità nell'accesso all'assistenza e la qualità delle cure, l'assistenza ai soggetti in stato vegetativo rappresenta livello essenziale di assistenza secondo le modalità previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell'8 febbraio 2002. L'assistenza sanitaria alle persone in stato vegetativo o aventi altre forme neurologiche correlate è assicurata attraverso prestazioni ospedaliere, residenziali e domiciliari secondo le modalità previste dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. L'assistenza domiciliare, di norma, è garantita dalla azienda sanitaria locale competente della regione nel cui territorio si trova il soggetto in stato vegetativo.
2. Il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, adotta linee guida cui le regioni si conformano nell'assicurare l'assistenza ospedaliera, residenziale e domiciliare per i soggetti in stato vegetativo.

Art. 6.
(Fiduciario).
1. Nella dichiarazione anticipata di trattamento il dichiarante può nominare un fiduciario maggiorenne, capace di intendere e di volere, il quale accetta la nomina sottoscrivendo la dichiarazione.
2. Il dichiarante che abbia nominato un fiduciario può sostituirlo, con le stesse modalità  previste per la nomina, in qualsiasi momento senza alcun obbligo di motivare la decisione.
3. Il fiduciario, se nominato, è l'unico soggetto legalmente autorizzato ad interagire con il medico con riferimento ai contenuti della dichiarazione anticipata di trattamento e si impegna ad agire nell'esclusivo e migliore interesse del paziente, operando sempre e solo secondo le intenzioni legittimamente esplicitate dal soggetto nella dichiarazione anticipata.

4. Il fiduciario, se nominato, si impegna a verificare attentamente che non si determinino a carico del paziente situazioni che integrino fattispecie di cui agli articoli 575, 579 e 580 del codice penale.
5. Il fiduciario può rinunciare per iscritto all'incarico, comunicandolo al dichiarante o, ove quest'ultimo sia incapace di intendere e di volere, al medico responsabile del trattamento sanitario.
6. In assenza di nomina del fiduciario, i compiti previsti dai commi 3, 4 e 5 del presente articolo sono adempiuti dai familiari quali indicati dal libro II, titolo II, capi I e II del codice civile.
Art. 7.
(Ruolo del medico).
1. Le volontà espresse dal soggetto nella sua dichiarazione anticipata di trattamento sono prese in considerazione dal medico curante che, sentito il fiduciario, annota nella cartella clinica le motivazioni per le quali ritiene di seguirle o meno.
2. Il medico non può prendere in considerazione indicazioni orientate a cagionare la morte del paziente o comunque in contrasto con le norme giuridiche o la deontologia medica. Le indicazioni sono valutate dal medico, sentito il fiduciario, in scienza e coscienza, in applicazione del principio dell'inviolabilità della vita umana e della tutela della salute, secondo i princìpi di precauzione, proporzionalità e prudenza.
3. In caso di controversia tra il fiduciario ed il medico curante, la questione viene sottoposta alla valutazione di un collegio di medici, designato dalla direzione sanitaria della struttura di ricovero o della azienda sanitaria di competenza, composto da un medico legale, due medici specialisti nella patologia o infermità da cui il paziente è affetto e un anestesista-rianimatore. Tale collegio dovrà sentire il medico curante. Resta comunque sempre valido il principio della inviolabilità e della indisponibilità della vita umana. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 8.
(Autorizzazione giudiziaria).
1. In assenza del fiduciario, in caso di contrasto tra soggetti parimenti legittimati ad esprimere il consenso al trattamento sanitario, la decisione è autorizzata dal giudice tutelare, su parere del collegio medico di cui all'articolo 7, o, in caso di urgenza, sentito il medico curante.
2. L'autorizzazione giudiziaria è necessaria anche in caso di inadempimento o di inerzia da parte dei soggetti legittimati ad esprimere il consenso al trattamento sanitario.
3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, il medico è tenuto a dare immediata segnalazione al pubblico ministero.
Art. 9.
(Disposizioni finali).
1. È istituito il Registro delle dichiarazioni anticipate di trattamento nell'ambito di un archivio unico nazionale informatico. Il titolare del trattamento dei dati contenuti nel predetto archivio è il Ministero della salute.
2. Con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della salute, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, stabilisce le regole tecniche e le modalità di accesso, di tenuta e di consultazione del Registro di cui al comma 1. Il decreto stabilisce altresì i termini e le forme entro i quali i soggetti che lo vorranno potranno compilare le dichiarazioni anticipate di trattamento presso il medico di medicina generale e registrarle presso le aziende sanitarie locali, le modalità di conservazione delle dichiarazioni anticipate di trattamento presso le aziende sanitarie locali e le modalità di trasmissione telematica al Registro di cui al comma 1. Tutte le informazioni sulla possibilità di rendere la dichiarazione anticipata di trattamento sono re se disponibili anche attraverso il sito internet del Ministero della salute.
3. La dichiarazione anticipata di trattamento, le copie della stessa, le formalità, le certificazioni e qualsiasi altro documento sia cartaceo sia elettronico ad esse connesso e da esse dipendente non sono soggetti all'obbligo di registrazione e sono esenti dall'imposta di bollo e da qualunque altro tributo.
4. Dal presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. All'attuazione del medesimo si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie già previste a legislazione vigente.