«Deciso assieme lo stop alle cure»
Mauro Favaro, Il Gazzettino, il 04/08/11
«La nostra è stata una scelta difficile e condivisa, ma queste cose sono talmente complesse che è naturale cercare di tenerle riservate all'interno della famiglia».
A parlare è il marito della 48enne trevigiana, colpita da sclerosi multipla, che a gennaio è stato nominato dal tribunale di Treviso suo «amministratore di sostegno». Toccherà a lui, quindi, se la donna con il progredire della malattia dovesse perdere conoscenza, portare avanti le decisioni che lei ha già messo nero su bianco nell'aprile del 2007. «Non voglio che la mia vita venga prolungata - aveva scritto - se i medici sono ragionevolmente certi che le mie condizioni di vita siano senza speranza».
Uno stop a emotrasfusioni, dato che la donna è una testimone di Geova, ma anche alla tracheotomia permanente, al supporto ventilatorio e al sondino per l'alimentazione (Peg). Il marito, insomma, potrà legalmente fungere da «portavoce» e far rispettare la volontà della moglie di rifiutare le cure salva-vita. Una decisione del tribunale, ancora rara, ma un tempo impensabile nonostante le battaglie di chi si batte per la libertà di scelta dei malati.
E tra questi c'è sicuramente un altro trevigiano Paolo Ravasin, inchiodato nel suo letto di ospedale a Monastier dalla Sla, adesso pronto a chiedere al giudice che anche per lui venga nominato un «amministratore di sostegno», già individuato nel fratello Roberto. «La sentenza del tribunale è giusta perché ci consente di scegliere come ogni libero cittadino - spiega - solo i giudici, per il momento, difendono la volontà del malato».
E i giudici, al netto delle polemiche legate alla discussione della legge sul testamento biologico approvata dalla Camera e in attesa di passare all'esame del Senato, per il momento non fanno altro che applicare la Costituzione. «Il decreto della collega Di Tullio è ineccepibile dal punto di vista giuridico, è motivato ed è condivisibile: la paziente ha chiesto, insieme al marito, di ottenere un amministratore di sostegno, una persona che potesse impedire ai medici di sottoporla a cure invasive se lei non fosse stata più in grado di opporsi - mette in chiaro il giudice Valeria Castagna a nome del presidente del tribunale, Giovanni Schiavon a gennaio la 48enne, nonostante avesse tentato di opporsi, fu sottoposta a una tracheotomia. E a quel punto la donna e il marito si sono rivolti al giudice. Il risultato?
Un decreto ineccepibile».
Almeno sino a quando non verrà varata la nuova legge sul testamento biologico. Con il rischio, se il testo non dovesse variare rispetto a quello che ha ricevuto il via libera di Montecitorio, di assistere a una stagione di battaglie processuali incentrate sul delicato tema della fine della vita. «Qualora il disegno di legge fosse approvato, il giudice dovrebbe provvedere alla revoca dei poteri nei confronti degli amministratori di sostegno - prevede Raffaele Ferraro, avvocato di Ravasin - così, però, sarebbe possibile impugnare il provvedimento di fronte alla Corte costituzionale anche alla luce di discordanze rispetto a normative europee in materia».
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