lunedì 22 agosto 2011

Riparliamo di legge 40. Fecondazione assistita, rompiamo il silenzio

l’Unità 2.7.11
Riparliamo di legge 40. Fecondazione assistita, rompiamo il silenzio
di Maurizio Mori

La legge 40/2004 e il fallimento del successivo referendum hanno cancellato dalla rubrica culturale italiana il tema della fecondazione assistita. Prima al riguardo c’era curiosità e interesse per le novità in questo ambito e le nuove opportunità venivano considerate e discusse. Da dopo il referendum non se ne parla più. Si è come dimenticato che la fecondazione assistita allarga i confini della riproduzione e rende possibile nuove pratiche e opportunità, come quella di rendere evitabili molte malattie o di avere gravidanze post-menopausa o anche di dare figli agli omosessuali.
A tale proposito, è facile prevedere che la recente legalizzazione dei matrimoni omosessuali nello Stato di New York avrà effetti sulla vita sociale di tutto il mondo occidentale compreso quello dell’ammissione di nuove forme di riproduzione assistita. È chiaro infatti che gli omosessuali vogliono avere figli grazie alle nuove tecniche riproduttive.
In un mondo che cambia, discute, evolve, anche l’Italia dovrà prima o poi rivedere radicalmente la legge 40/2004 che ha regolato in modo restrittivo la fecondazione assistita, provocando disastri gravissimi. Molte coppie hanno rinunciato ad avere figli, mentre altre per averli sono dovute andare all’estero con disagi notevoli e talvolta anche con guai seri. Ma gli effetti deleteri della legge 40 non riguardano solo il piano pratico, quello che tocca la vita della gente direttamente, ma si estendono anche e forse soprattutto sul piano teorico e filosofico, che determina il quadro delle nostre scelte di fondo.
È urgente riprendere il discorso culturale sulla fecondazione assistita per cercare di sanare i disastri inflitti dalla legge 40 e dalle altre vicende. Oramai sul piano pratico
la legge è già stata in gran parte smantellata dalla corte Costituzionale e bisogna riconoscere alla Magistratura di fare molto per l’ammodernamento del Paese. Qualcos’altro può venire dall’Europa, ma altrettanto importante è il lavoro culturale per rilanciare l’idea che la libertà riproduttiva è un diritto fondamentale della persona e che avere figli è qualcosa che dipende da tale diritto. Questo può poi essere integrato e sostenuto dal diritto alla salute in alcuni casi specifici ma la scelta di ricorrere alla fecondazione assistita non può diventare un mero capitolo dell’assistenza sanitaria. Oggi in Italia per avere un figlio grazie all’assistenza medica un cittadino deve andare prima dal giudice e poi, se mai, dall’operatore sanitario. Bisogna che l’opzione di fecondazione assistita sia riconosciuta come libertà di scelta garantita da un diritto fondamentale del cittadino a prescindere dall’orientamento sessuale.

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