Corriere della Sera 15.6.09
Testamento biologico Dopo il documento nazionale che bocciava la legge
Fine vita, i medici rischiano lo scisma Bologna: ci facciamo il nostro codice
di Margherita De Bac
ROMA — «È una spaccatura molto profonda. Se saranno accettati questi principi noi siamo pronti a darci un Codice indipendente da quello nazionale ». Sembra più di una minaccia quella di Giancarlo Pizza, presidente dell’Ordine dei medici di Bologna, diecimila iscritti, il più numeroso dell’Emilia-Romagna.
La tentazione di acquistare autonomia sul piano delle regole deontologiche si è rafforzata dopo l’approvazione a Terni del documento sulle dichiarazioni anticipate di volontà (testamento biologico) presentato all’assemblea dal consiglio direttivo di Fnomceo, la Federazione che raccoglie gli Ordini provinciali italiani.
Su 97 voti, sono stati cinque quelli contrari. Un blocco «nordista» costituito oltre che da Bologna, da Milano, Lodi, Pavia e, per il sud, da Potenza. Tra gli astenuti si contano invece gli ordini di Roma, Reggio Emilia, Rimini e Piacenza. Un forte presa di distanza dal governo centrale del presidente Amedeo Bianco.
Le critiche sono focalizzate su uno dei capoversi più delicati del documento di Terni, dove la nutrizione artificiale viene considerata atto medico e dunque se ne «motiva l’impiego in ogni progetto di cura appropriato, efficace e proporzionato compresi quelli esclusivamente finalizzati ad alleviare le sofferenze». Dunque dovrebbe rientrare tra le scelte del paziente, a differenza di quanto prevede la legge che dopo l’approvazione del Senato aspetta di essere discussa dalla Camera.
L’Ordine dei medici di Bologna però non ci sta: «È inaccettabile. Il testo iniziale, esaminato ad aprile, non diceva così. Non vogliamo un altro caso Englaro. L’assemblea era impreparata al capovolgimento. Noi siamo pronti a dotarci di un nostro Codice deontologico».
Valerio Brucoli, consiglio direttivo dell’Ordine di Milano (che conta ventitremila iscritti) è meno favorevole al federalismo dei Codici: «La nutrizione nei pazienti in stato vegetativo è un atto medico indirizzato al sostentamento, non alla cura. Dunque non dovrebbe essere oggetto di dichiarazioni anticipate. Se pensiamo a darci regole autonome? Spero non sia necessario arrivare a tanto, che si trovi un punto di incontro».
Si è astenuto l’Ordine di Roma, il più grande d’Europa: «Sono contrario a qualsiasi legge, le questioni di fine vita non sono materia da giurista — spiega il presidente, Mario Falconi —. Tra medico e paziente o la sua famiglia la soluzione si è sempre trovata. Nella mia esperienza non ho mai avuto conflitti. La legge dovrebbe limitarsi a sancire il diritto di esprimere le proprie volontà in un testamento con la garanzia che chi cura e chi è curato abbiano piena libertà. In caso di contrasto la decisione verrebbe affidata a una commissione di bioetica».
Testamento biologico Dopo il documento nazionale che bocciava la legge
Fine vita, i medici rischiano lo scisma Bologna: ci facciamo il nostro codice
di Margherita De Bac
ROMA — «È una spaccatura molto profonda. Se saranno accettati questi principi noi siamo pronti a darci un Codice indipendente da quello nazionale ». Sembra più di una minaccia quella di Giancarlo Pizza, presidente dell’Ordine dei medici di Bologna, diecimila iscritti, il più numeroso dell’Emilia-Romagna.
La tentazione di acquistare autonomia sul piano delle regole deontologiche si è rafforzata dopo l’approvazione a Terni del documento sulle dichiarazioni anticipate di volontà (testamento biologico) presentato all’assemblea dal consiglio direttivo di Fnomceo, la Federazione che raccoglie gli Ordini provinciali italiani.
Su 97 voti, sono stati cinque quelli contrari. Un blocco «nordista» costituito oltre che da Bologna, da Milano, Lodi, Pavia e, per il sud, da Potenza. Tra gli astenuti si contano invece gli ordini di Roma, Reggio Emilia, Rimini e Piacenza. Un forte presa di distanza dal governo centrale del presidente Amedeo Bianco.
Le critiche sono focalizzate su uno dei capoversi più delicati del documento di Terni, dove la nutrizione artificiale viene considerata atto medico e dunque se ne «motiva l’impiego in ogni progetto di cura appropriato, efficace e proporzionato compresi quelli esclusivamente finalizzati ad alleviare le sofferenze». Dunque dovrebbe rientrare tra le scelte del paziente, a differenza di quanto prevede la legge che dopo l’approvazione del Senato aspetta di essere discussa dalla Camera.
L’Ordine dei medici di Bologna però non ci sta: «È inaccettabile. Il testo iniziale, esaminato ad aprile, non diceva così. Non vogliamo un altro caso Englaro. L’assemblea era impreparata al capovolgimento. Noi siamo pronti a dotarci di un nostro Codice deontologico».
Valerio Brucoli, consiglio direttivo dell’Ordine di Milano (che conta ventitremila iscritti) è meno favorevole al federalismo dei Codici: «La nutrizione nei pazienti in stato vegetativo è un atto medico indirizzato al sostentamento, non alla cura. Dunque non dovrebbe essere oggetto di dichiarazioni anticipate. Se pensiamo a darci regole autonome? Spero non sia necessario arrivare a tanto, che si trovi un punto di incontro».
Si è astenuto l’Ordine di Roma, il più grande d’Europa: «Sono contrario a qualsiasi legge, le questioni di fine vita non sono materia da giurista — spiega il presidente, Mario Falconi —. Tra medico e paziente o la sua famiglia la soluzione si è sempre trovata. Nella mia esperienza non ho mai avuto conflitti. La legge dovrebbe limitarsi a sancire il diritto di esprimere le proprie volontà in un testamento con la garanzia che chi cura e chi è curato abbiano piena libertà. In caso di contrasto la decisione verrebbe affidata a una commissione di bioetica».
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