l’Unità 22.2.11
Intervista a Maurizio Mori
«È contro la scienza, se diventerà legge finirà alla Consulta»
Il docente dell’università di Torino: da noi non si fa catechismo. Il master sulla bioetica è un confronto critico. E a frequentarlo sono soprattutto le donne
di F. Fan.
Maurizio Mori, presidente della Consulta di Bioetica e docente all’università di Torino, è tra gli organizzatori del Master biennale di primo livello in Bioetica che si occupa di formare in modo critico operatori del settore su temi sempre più importanti per l’attualità e la politica.
L’obiettivo è fornire informazioni di base ma soprattutto una chiave interpretativa per argomenti dal testamento biologico alla rinuncia a determinate terapie ai sentimenti degli animali ormai suscettibili di lambire la vita di molte famiglie. Giunto alla seconda edizione sotto la Mole, questo tipo di specializzazione è frequente negli atenei cattolici, molto meno in quelli pubblici. Qual è la finalità del master? «Iniziare alla bioetica gli operatori sanitari e chiunque ne abbia interesse. È interdisciplinare: promosso dalla facoltà di Lettere, coinvolge medicina, veterinaria, legge, agraria, in modo da abbracciare una visione complessiva».
Anche veterinaria?
«Sì. Gli animali sono esseri senzienti, dunque diventano pazienti morali. Hanno il diritto a non soffrire inutilmente, a non essere usati come cavie da laboratorio. Si dibatterà anche del loro diritto a non essere mangiati».
Esiste un’impostazione prevalente?
«C’è il pluralismo etico: visioni laiche, cattoliche, valdesi, qualunquiste... Siamo un’università pubblica che accetta il confronto. Non facciamo propaganda né catechismo di valori a cui aderire. Forniamo gli strumenti ad adulti che potranno poi scegliere la loro prospettiva». Chi sono i docenti?
«Professori e ricercatori del nostro ateneo. Ed ospiti internazionali, come Engelhardt l’anno scorso». E gli studenti?
«Medici, compresi primari, dentisti, infermieri, giornalisti scientifici e non, uffici stampa, giuristi, operatori del sociale. La scorsa edizione erano 48. Più della metà, donne. Provenienza diffusa: da Brescia a Campobasso».
Le lezioni sono influenzate dall’attualità? Se alla Camera si discute l’approvazione del biotestamento ne parlerete in classe?
«Non direttamente. Parleremo di staminali, fine vita, fecondazione assistita come elementi fondamentali della bioetica. Ma a prescindere da quello che succede in Parlamento e sui giornali».
Master di questo tipo sono diffusi in Italia?
«Ce ne sono molti nelle università cattoliche. Di impostazione laica, che io sappia, un paio. Alla Sapienza di Roma è diretto da Eugenio Lecaldano».
Lei era sul palco di Udine alla serata organizzata dall’associazione “Per Eluana” per promuovere un biotestamento rispettoso della libertà di scelta. Come giudica il ddl che sarà presto in discussione alla Camera?
«È una legge contro nuovi casi Eluana. Sbagliata nell’impianto. Antimoderna e antiscientifica che, imponendo l’alimentazione forzata, vanifica qualsiasi manifestazione di volontà. Se sarà confermata in questi termini, credo che finirà davanti alla Corte Costituzionale».
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