martedì 12 gennaio 2010

"La morte di Eluana non fu omicidio"

La Repubblica 12.1.10
Archiviato il procedimento contro il padre della ragazza e 13 tra medici e infermieri. Beppino: ho sempre agito nella legalità
"La morte di Eluana non fu omicidio"
di Zita Dazzi

MILANO - La morte di Eluana Englaro non fu un omicidio: lo ha stabilito ieri il gip di Udine, Paolo Milocco, archiviando il procedimento nel quale il padre della giovane donna, Beppino, era indagato per concorso in omicidio aggravato, assieme ad altre 13 tra medici e infermieri. Fra loro, anche l´anestesista Amato De Monte, capo dell´équipe medica che, nella casa di riposo «La Quiete» di Udine, aveva attuato il protocollo per la sospensione dell´idratazione e dell´alimentazione di Eluana, secondo il provvedimento della Corte di Appello di Milano.
Eluana, da 17 anni in stato vegetativo permanente, morì tre giorni dopo la sospensione cibo e acqua, il 9 febbraio scorso, «improvvisamente senza una compiuta progressione della sintomatologia legata alla disidratazione». L´archiviazione del procedimento era stata chiesta, il mese scorso, dalla stessa Procura di Udine che, in questo fascicolo, aveva raccolto il «caotico diluvio di "sollecitazioni"» - per usare le parole del Gip - inviate a decine di Procure italiane dopo la morte di Eluana, in un clima di acceso confronto (e scontro) politico, ideologico ed etico sui temi del «fine vita». Si ipotizzavano varie violazioni di legge, fino alla più grave: l´omicidio volontario aggravato, a opera del padre e dell´équipe medica. Ma, dopo mesi di perizie e consulenze tecniche, il gip ha sancito che la morte della giovane avvenne secondo «pratiche autorizzate e specificate nei provvedimenti giudiziari», escludendo «cause di morte di natura traumatica o tossica». Il giudice sottolinea che «la prosecuzione dei trattamenti di sostegno vitale di Eluana non era legittima». Di più: come ha sempre sostenuto papà Beppino, nelle sette pagine del decreto il gip sostiene che continuare a idratare e alimentare Eluana sarebbe stato in contrasto «con la volontà espressa dai legali rappresentanti della donna», cioè i suoi genitori. Il giudice conferma che il padre della giovane donna e i medici agirono «in presenza di una causa di giustificazione». Soddisfatto Beppino Englaro, che col consueto rigore commenta: «Ho sempre agito nella legalità e nella trasparenza. Non poteva esserci altra conclusione. Sono sempre stato tranquillo, se - ha aggiunto - si può usare questo termine considerando la tragedia che ho vissuto».

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